di Corrado Gnerre
Un elemento (tra i tanti) che rende il Cattolicesimo la religione più bella è la considerazione che la sua teologia è anche “teologia dello sguardo”. E per almeno tre motivi.
Primo: perché la Verità si pone come dato.
Secondo: perché la Verità si pone come essere e non solo come idea.
Terzo: perché la Verità si pone come perfezione dell’essere nelle sue tre proprietà trascendentali: Verità, Bontà e Bellezza.
Per cui nella teologia cattolica la Verità va conosciuta adeguandosi ad essa e non riscrivendola a piacimento nella propria immaginazione; il dato di riconoscimento dell’essere è la sua pienezza non riducibile ad una conoscenza di ordine puramente intellettuale; la Verità non solo è vera, ma anche buona e bella. Dunque, l’elemento della bellezza le è costitutivo.
“Guardare” qualcosa vuol dire porsi dinanzi ad essa e “adeguare” la propria intelligenza in conformità ad essa. Il “guardare” non rimanda tanto ad una pretesa di comprensione (nel senso di “cumprehendere”, ovvero di “prendere dentro” la propria mente) quanto ad un verificare conservando lo stupore e la meraviglia che non dovrebbero mai abbandonare la conoscenza.
Ma -attenzione- “guardare” non vuol dire limitarsi a costatare freddamente o – peggio – a ridurre la conoscenza ad una semplice percezione sensibile; vuol dire piuttosto coinvolgere l’intelligenza affinché questa colga la ragionevolezza o meno di ciò che le sta dinanzi, nella convinzione che se tutto può essere conosciuto, non tutto può essere compreso.
La definizione tradizionale cattolica della fede come “assenso dell’intelletto alle verità rivelate” sintetizza bene ciò che abbiamo appena detto. Nell’atto di fede l’intelligenza è coinvolta, ma essa deve assentire, ovvero non solo è chiamata a capire, ma anche a inchinare se stessa dinanzi al Vero.
Tutto questo rimanda ad un importantissimo significato che attiene al “guardare” ed è la convinzione che l’approccio alla Verità non può ridursi alla dimensione intellettuale, ma piuttosto deve sostanziarsi sull’amore.
Non basta, infatti, conoscere la verità. Bisogna soprattutto amare la Verità! Ed è relativamente a questo amore che l’uomo raggiunge la salvezza.
Mentre il “leggere” è un accostarsi all’oggetto di studio con la convinzione che esso (l’oggetto di studio) sia esauribile dalla propria mente o addirittura possa essere suscettibile di una rielaborazione, non è così il “guardare”, che implica sì il desiderio di conoscere, ma nella consapevolezza che ciò che si osserva è “dato”, ha una natura intoccabile che è offerta all’uomo e che non può da questi essere riscritta.
Questa consapevolezza dello sguardo come vero criterio della ricerca teologica è sempre stata presente. E il presepe è a servizio di questo costitutivo bisogno.
Guardando il presepe, ci si convince che quel che è accaduto è sempre presente e che obbliga ad un’altra presenza, la presenza dello sguardo. Se il Mistero è lì, plasticamente riconoscibile, allora vuol dire che per accettarlo occorre anche riconoscerlo e guardarlo.
Facciamo un esempio: il viaggiare fa vedere tante cose. Molte volte succede che viaggiando non si riesca a vedere proprio tutto di una città o di un luogo, ma è indubbio che quel che si vede lo si sperimenta in una maniera che poi è difficile riprodurre a parole o concettualizzare. E’ vero che guardando qualche documentario turistico si possa vedere e conoscere molto, ma è pur vero che non è la stessa cosa. E che non sia la stessa cosa si costata proprio quando si ha la possibilità di guardare personalmente quel luogo che già si è visto in un filmato.
La bellezza di un paesaggio alpino si può ammirare anche attraverso un bel documentario televisivo, ma se si va sul posto quella bellezza prende sapore. Non ci riferiamo al sapore come la possibilità di assaporare l’aria ed eventualmente i profumi (anche questo è importante), ma come coscienza che il proprio essere è lì, in mezzo a quella bellezza, anzi è dentro quella bellezza. Le parole ovviamente non tengono, nel senso che non riescono a far capire ciò che supera qualsiasi descrizione, ma è così.
Il presepe è nato proprio dal desiderio da parte del cristiano di poter direttamente guardare ciò che è avvenuto, di essere in mezzo a ciò che è avvenuto per assaporare l’inizio della nuova storia, perché da quell’Avvenimento tutto è cambiato e tutto ancora può cambiare.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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