A cura di Pierfrancesco Nardini
Domanda: Chi ha danneggiato il prossimo nel buon nome accusandolo falsamente o parlandone, a cosa è obbligato?
Risposta: Chi ha danneggiato il prossimo nel buon nome accusandolo falsamente o parlandone, deve riparare, per quanto può, il danno arrecato.
Il rispetto del buon nome altrui è un dovere fondamentale sancito dalla legge divina e dalla morale cristiana. Ma lo è anche semplicemente per il buon senso e la regola del buon vivere in relazione con gli altri. Danneggiare la reputazione del prossimo equivale non solo a violare la giustizia, ma anche a disprezzare la carità. Nell’obbligo di amare il prossimo come noi stessi, infatti, rientra anche questo: d’altronde, come noi non vorremmo che gli altri lo facessero con noi, noi per primi non dobbiamo farlo.
In questo numero San Pio X ci ricorda che chi ha offeso il buon nome di qualcuno è obbligato a riparare il danno arrecato, nella misura del possibile. Questo principio, profondamente radicato nella Tradizione cattolica, richiama l’attenzione su un aspetto essenziale della vita cristiana: la necessità di rettificare gli errori e ristabilire la verità.
Il buon nome è uno dei beni più preziosi della persona. È, per dirla in modo moderno, il brand di ognuno che, se danneggiato, toglie valore e credibilità. San Tommaso d’Aquino affermava addirittura che “la perdita della reputazione è più temibile della morte corporale” (Summa Theol., II-II, q. 73, a. 2). Diffondere calunnie o mormorazioni è dunque un peccato grave, perché distrugge la dignità altrui e mina la fiducia reciproca, fondamenta indispensabili per una società ordinata. Le Sacre Scritture condannano chiaramente questi comportamenti. Il libro dei Proverbi ammonisce: “chi sparla del prossimo è stolto” (Proverbi 10, 18). Questo peccato non solo ferisce la vittima, ma danneggia anche la comunità, poiché rompe l’unità e genera discordia.
Chi ha danneggiato il prossimo è dunque moralmente obbligato a riparare il danno. La riparazione è duplice: materiale e spirituale. San Pio X specifica che occorre fare tutto il possibile per ristabilire il buon nome della persona offesa, sia pubblicamente che privatamente, in base alla gravità del danno e alle circostanze. “Niente vi è più prezioso della pace e dell’unione; se hai ferito qualcuno, non ritardare a chiedere perdono” (Sant’Agostino, Sermone 229D).
Si deve sempre tenere a mente che questo atto, la riparazione, non è solo un dovere di giustizia, ma un’opportunità di conversione personale. Riparare il danno significa, infatti, riconoscere i propri errori e abbracciare la virtù dell’umiltà, imitando Cristo che ha sopportato ogni ingiuria per amore nostro.
Ma cosa vuol dire nel concreto riparare il danno? Può vuol dire molte cose, tutte insieme o singolarmente: 1. ritrattare pubblicamente le false accuse o le mormorazioni; 2. ristabilire la verità con chi è stato influenzato negativamente; 3. pregare per la persona offesa e offrirle un segno tangibile di riconciliazione. Il problema ogni volta sarà quel “per quanto può” nella risposta del santo di Riese. Questo perché non si avrà mai certezza assoluta di dove è giunto, di quanto si è espanso il danno arrecato. Purtroppo “è molto più facile essere creduti quando si dice male che quando si parla bene del prossimo!” (Dragone). Ed è un altro motivo di ammonizione che deve farci pensare molto bene prima di cadere in questo peccato.
Si dovrà, quindi, sempre pregare affinché si possa giungere a tutti quelli a cui sono arrivate le proprie parole calunniose, chiedendo la grazia di una riparazione davvero totale. L’atto di riparazione è, inoltre, un mezzo potente per recuperare la grazia perduta. San Giacomo ammoniva: “confessate perciò i vostri peccati gli uni agli altri e pregate gli uni per gli altri, per essere guariti” (Giacomo 5, 16).
Danneggiare il buon nome del prossimo è un peccato che ferisce profondamente la giustizia e la carità. Il cristiano è chiamato a riparare, nella misura delle sue possibilità, seguendo l’esempio di Cristo e i consigli bimillenari della Chiesa. Solo così si può ritrovare la pace interiore e contribuire a edificare una società fondata sulla verità e sull’amore.
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