COMMENTO CATECHISMO S.PIO X: n.156

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: Che cosa ci attende alla fine di questa vita?
Risposta: Alla fine di questa vita ci attendono i dolori e lo sfacelo della morte e il giudizio particolare.


Come evidenziato nel precedente commento, i Novissimi sono le cose ultime della vita terrena di ogni uomo: morte, giudizio particolare, Paradiso o Inferno.

Sin dal primo uomo, Dio ci ha ammonito che “polvere tu sei e in polvere tornerai” (Genesi 3, 19).

Nei passati commenti si è visto che i giudizi sono due, particolare per ogni uomo e universale (n. 97) e che in quello particolare “Gesù Cristo ci giudicherà del bene e del male operato in vita, anche dei pensieri e delle omissioni” (n. 98).

La morte è una conseguenza del peccato originale. Questa è una verità (de fide).

Si era visto, infatti, che la particolare condizione dei progenitori li rendeva immuni da morte e malattie, (nonostante) la loro natura umana, ma che il peccato originale comportò la perdita di questi doni cosiddetti “preternaturali”. L’Ott lo sintetizza in modo preciso: “Il Concilio di Trento insegna nel decreto sul peccato originale che Adamo, trasgredendo il comandamento divino, incorse nella morte minacciatagli prima da Dio, e che per opera sua la morte trapassò all’intero genere umano (…). Benché l’uomo quanto al corpo sia mortale per natura, secondo la testimonianza della rivelazione, egli era stato arricchito, nel paradiso terrestre, del dono preternaturale dell’immortalità corporea” (Compendio di teologia dogmatica).
È stato ribadito e difeso sin dall’inizio della Chiesa. Si vedano, tra i tanti, San Paolo (Rom 5, 12; 5, 15; 8, 10; 1Cor 15, 21-22) e Sant’Agostino contro i pelagiani.

Al giorno d’oggi, purtroppo, sono sempre più le persone che sottovalutano il tempo che passa e il farsi trovare pronti. Si deve sfruttare il tempo in cui si è nella vita terrena, per non rischiare di farsi trovare in peccato al momento della morte: con questa, infatti, “cessa il tempo del merito e del demerito e la possibilità della conversione. Sent. Certa” (L. Ott, op. cit.).

La realtà del giudizio particolare è “certa, anzi prossima alla fede” (Casali, anche Ott): si deduce con evidenza da quanto la Chiesa stabilisce, questa volta “di fede”, sulla verità del destino eterno di ogni anima.

Il secondo Concilio di Lione (1274) insegnava, infatti, che le anime senza macchia o purificate nella Confessione “sono ricevute subito nel Cielo”, mentre quelle in peccato mortale o veniale “subito discendono nell’Inferno da punirsi tuttavia con pene differenti (si intende quindi compreso il Purgatorio, ndr)”. Questo insegnamento è sempre stato confermato (v. ad es. Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus (1336) o Conc. di Firenze (1493) su tutti).

La certezza di un premio o di una pena comporta la realtà di un precedente giudizio che li certifichi.

La parola “giudizio” è, forse, foriera anche di un equivoco, normale, intendendola in senso umano.

Il giudizio è conosciuto come un contraddittorio, ove l’accusato porta le sue prove e non è colpevole fino all’emissione della sentenza. Il giudizio particolare non è quindi un processo, come la parola lo fa intendere agli uomini. “Il giudizio particolare, venendo fatto all’anima separata dal corpo non avrà la forma di discussione, ma sarà come una illuminazione interna in cui l’anima vedrà il bene e il male di tutta la vita. La sentenza non sarà pronunciata verbalmente, ma mentalmente in modo che resterà impressa nelle anime. Essa avviene nello stesso istante della morte, là dove la persona si trova e immediatamente viene eseguita e l’anima va o in Paradiso, o in Purgatorio, o nell’inferno” (Casali).

Questo perchè Nostro Signore Gesù Cristo, Dio, Seconda Persona della Trinità, è onnisciente e, al momento in cui l’anima si trova dinanzi a Lui, conoscerà già tutto, con perfezione assoluta e non ci sarà bisogno di istruire un processo per accertare la verità, ma la si dovrà solo certificare.
Concludiam

con la riflessione del Dragone, che diventa un consiglio fondamentale. “Morte e giudizio: due pensieri che dovrebbero occupare spesso la nostra mente e avere un grande influsso nel regolare tutti i nostri atti”


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