COMMENTO DEL CATECHISMO DI SAN PIO X: n.151

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: I peccati sono tutti uguali?

Risposta: I peccati non sono tutti uguali, e come alcuni peccati veniali sono meno leggeri di altri,
così alcuni peccati mortali sono più gravi e funesti.


“La gravità dei peccati si misura dalla maggiore o minore gravità della materia, e dalla maggiore o minore perfezione dell’avvertenza e del consenso” (Dragone).

È chiaro che materie più gravi sono quelle che offendono direttamente Dio (per esempio, la bestemmia), subito dopo vengono i peccati contro le virtù teologali (per esempio, l’eresia), per finire, in questa scala di gravità, con quelli contro virtù morali, a loro volta in diversi gradi di importanza.

Anche a livello di avvertenza e consenso c’è una gradazione di gravità dei peccati: quelli di malizia, ad esempio, sono più gravi di quelli causati da debolezza o da ignoranza.

Questa premessa per sottolineare quel che San Pio X ha voluto far notare in questo numero: ci sono differenze di peso fra i peccati, anche fra quelli veniali.

Il peso è quello che graverà come zavorra sull’anima dopo la morte, costringendola in Purgatorio o, purtroppo, alla dannazione eterna dell’Inferno.

Questa specificazione sulla differenza di gravità tra i peccati intanto non è superflua, dato che, purtroppo, non tutti la conoscono, e lo dimostrano alcuni comportamenti volti a sottovalutarla.

È poi importante farla conoscere proprio per le conseguenze che comporterà nella vita eterna, quando oramai il giudizio sarà definitivo.

Non si deve cadere nell’errore di pensare che una volta caduti in peccato mortale, non conti più quanti se ne commettono successivamente, perché oramai si è già all’Inferno, anche solo con il primo peccato.

Così come non si deve sottovalutare il peccato veniale e non commetterne ancora e spesso, equivocando il termine “veniale” con “non incidente”.

È vero che, commesso il primo peccato mortale (dopo l’ultima Confessione, normalmente) senza pentimento e nuova Confessione, si sia già destinati all’Inferno (in foro esterno, salvo condizioni di foro interno che non si possono conoscere e altro che sa solo Nostro Signore);  non è però assolutamente vero che, commesso uno, nulla cambierebbe commetterne altri.

Ciò che si dimentica, o non si conosce, è che anche all’Inferno, per quanto possa sembrare poca differenza visto che comunque si soffrirà in eterno, ci sono diversi gradi di sofferenza e arrivarci col peso di più peccati mortali, anche dello stesso tipo (per esempio, non una ma tante bestemmie), comporta una maggiore sofferenza per l’eternità.

Ora, è chiaro che la sofferenza che l’anima prova all’Inferno sarà comunque atroce, pur quella minore, e che sarà eterna, ma differenza comunque c’è e non è poca cosa moltiplicare quella sofferenza.

La differenza più sensibile, per i peccati mortali, la fa l’incidenza sulla pena da dover scontare in Purgatorio, prima di poter entrare in Paradiso, se questi peccati sono stati mondati con la Confessione.

Si ricorda, infatti, che il peccato lascia una pena temporanea da dover scontare con la penitenza assegnata dal confessore o in Purgatorio. La differenza ontologica tra l’Offeso, Dio Creatore, e chi offende, l’uomo creatura, rende complicato soddisfare questa pena già e solo con la penitenza assegnata, così, peccando mortalmente, ci si espone al rischio di dover passare dal Purgatorio per un periodo più o meno lungo a seconda della gravità del peccato commesso.

Alla luce di questo, è evidente che ci sarà una grande differenza per la nostra anima, nel commettere un solo peccato mortale o lasciarsi andare dopo il primo e commetterne altri in attesa della Confessione. Col rischio accessorio (per modo di dire) di morire improvvisamente, prima di essersi pentiti.

Altro effetto nocivo è che il peccato tira il peccato: quando si inizia a stare troppo a contatto col peccato (e questo vale anche per quello veniale) si perde sempre più la cognizione della propria condizione e ci si abitua pian piano, aumentando il rischio di continuare a commetterne e di allontanare la Confessione.

Incisiva è anche la differenza per i peccati veniali, già evidenziata nei precedenti commenti. È vero, commetterne uno o molti, non porta differenza per la destinazione eterna dell’anima. Prima o poi si troverà in Paradiso. Ma anche in questo caso è quel “prima o poi” a fare la differenza. Al di là del maggior o minor tempo in Purgatorio, poi, il peccato veniale continuato, reiterato ha anche un’altra controproducente conseguenza. Abituando anch’esso, anche se in maniera più blanda di quello grave, a convivere col peccato, offusca la reattività del fedele e pian piano lo avvicina al rischio di peccare mortalmente.

Mai sottovalutare in generale dunque il peccato, qualunque esso sia e anche se si è già caduti.


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