2 settembre: Santo Stefano d’Ungheria. Il Re che disse al figlio: “Ricordati che solo l’umiltà innalza…”

Rubrica a cura di Corrado Gnerre

Secondo il calendario tradizionale il 2 settembre è la festa di Santo Stefano, Re di Ungheria (969-1038)

Chi si occupa più dei fondamenti dell’autorità politica?

Chi si pone più queste domande: da dove proviene l’autorità? chi ne dà il senso? chi ne dà il valore?

I re di un tempo queste domande non solo se le ponevano, ma davano ad esse una risposta forte: l’autorità viene da Dio. Ha un fondamento metafisico, per dirla con una terminologia filosofica.

Questa risposta se la dava anche Stefano d’Ungheria, il grande Re magiaro –nonché santo per la Chiesa cattolica- vissuto tra il 969 e il 1038.

Figlio di un pagano, il Duca dei Magiari, fu educato al cristianesimo dalla madre.

Facendosi promotore della evangelizzazione del regno, costruì una solida amministrazione destinata a durare ben otto secoli.

Il re santo Stefano è autore di due scritti ricordati in questo modo: Esortazioni al figlio e Leggi e Decreti. 

Esortazioni al figlio è ciò che nel Medioevo si chiamava specula regis, cioè un manuale politico e morale in cui si presentava l’ideale del principe perfetto. In queste Esortazioni, re Stefano dà consigli al figlio ereditario Emerico per prepararlo ad una futura, degna, reggenza. In dieci capitoli re Stefano insegna le dieci caratteristiche fondamentali che un monarca deve avere.

Con Leggi e decreti, invece, re Stefano dà al nascente Stato ungherese una legislazione organica e cristiana. E tiene a precisare che, solo seguendola, il popolo ungherese potrà condurre una vita onesta.

Scritti come questi fanno capire come l’autorità, per avere una sua persuasività, debba fondarsi sulla verità. L’autorità, per essere persuasiva, deve testimoniare l’obbedienza. Non si può pretendere obbedienza se non si testimonia l’obbedienza. Quando si deridono vecchi rituali di sacralizzazione del potere, ad esempio l’incoronazione dei re per diritto divino, è perché non se ne coglie il significato profondo. Il re, prima di iniziare ad esserlo, doveva riconoscere la propria sudditanza nei confronti di un altro Re, molto più importante di lui; nella convinzione che solo chi si fa obbediente può pretendere obbedienza, solo chi sa inchinare il capo può insegnare agli altri a fare lo stesso.

Proprio nelle Esortazioni, re Stefano arriva a dire al figlio: “Esercita il tuo dominio con spirito pacifico, umile e mansueto, ricordandoti sempre che tutti gli uomini sono della stessa condizione e che solo l’umiltà ci innalza e che solo la superbia e l’invidia ci abbassano.”


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