“Laddove spira più tagliente il vento, e alto si leva il mare e non lievi sono i pericoli da superare, mi sento a mio agio.” (Friedrich Nietzsche)

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Tra gli strumenti di un cammino vi è la bisaccia, una borsa con cui poter portare il piccolo necessario; non certo il pasto che i pellegrini chiedevano e chiedono agli ostelli, ma qualche semplice e piccolo boccone per sostenere il passo.
Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Bisaccia”  è un insegnamento della sapienza naturale con cui poter sostenere il passo dell’esistenza e confermare la scelta della bellezza della Verità cattolica.


Il pensiero di Nietzsche è quello che è: un pensiero dissolutorio, da cui è bene stare alla larga.

Ma -si sa- l’errore assoluto non esiste. Esiste la Verità assoluta, non l’errore assoluto. Anche nell’errore possono esserci delle verità, le quali non sminuiscono l’errore, ma che anzi lo possono rendere anche più pericoloso, perché più affascinante.

Qui Nietzsche afferma una cosa vera.

E’ quando la vita si fa dura, che l’uomo avverte di essere più a proprio agio.

La parola “agio” viene dal provenzale “aize“, che significa “vicinanza”. Una vicinanza che genera comodità. Come quando ci si siede su una poltrona soffice. La sua comodità è data propria dal fatto che la morbidezza rende il materiale talmente vicino al corpo da farsi modellare dal corpo stesso. Se una poltrona offrisse durezza, non sarebbe per nulla comoda.

Dunque, la vita diventa un agio, ed è davvero “vicina”, non quando si presenta senza problemi, ma al contrario: quando offre difficoltà e prove. E’ lì che l’uomo scopre se stesso. Scopre di che pasta è fatto. Scopre che Chi lo ha voluto nell’essere lo chiama a vincere.

E in questo desiderio di vittoria si organizza il proprio destino.


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