Il 19 agosto del 1662 muore Blaise Pascal. Conosciamo brevemente il suo pensiero: ciò che va e ciò che non va

di Corrado Gnerre


Blaise Pascal è un filosofo (in realtà non solo filosofo, perché fu anche un grande matematico) che finalmente se la prende con Cartesio; e che, a differenza di alcuni suoi contemporanei, invece di limitarsi a correggere il Filosofo del “Cogito” (Cartesio) lo rifiuta completamente.

Nacque a Clermont-Ferrand nel 1623 e morì a Parigi nel 1662. Come abbiamo già detto prima, s’interessò di studi matematici ma anche filosofici e teologici.

C’è una questione aperta che riguarda un suo presunto giansenismo. Fu davvero tale? E’ difficile dirlo. Certamente frequentò Port-Royal, certamente ritenne che solo la Grazia potesse riportare l’uomo dallo stato di concupiscenza (conseguenza del peccato originale) all’amore di Dio e alla volontà di fare il bene. Certamente se la prese con i Gesuiti da lui accusati di eccessivo lassismo, come affermò nelle sue Lettere provinciali (1657). Resta il fatto che più che di un’adesione al giansenismo, si possa piuttosto parlare d’influssi giansenistici sul suo pensiero.

Egli fu un tipo un po’ malinconico, ma tutto sommato simpatico …se non altro perché anticartesiano.

Critica al cartesianesimo e al suo “spirito geometrico”

Pascal disse delle cose interessanti (almeno nella sostanza, perché non tutto è condivisibile) polemizzando con il razionalismo e il libertinismo. Allo spirito geometrico (lo spirito deduttivo e analitico della scienza cartesiana) contrappose lo spirito di finezza, intuitivo e sintetico, intreccio di ragione e di sentimento. E fin qui tutto bene, anzi benissimo. Con questo spirito cercò di costruire un’interessante apologetica del Cristianesimo e lo fece attraverso i Pensieri (composti tra il 1657 e il 1660).

Pascal descrive l’uomo nella sua dimensione esistenziale e presenta il Cristianesimo come l’unica risposta coerente e persuasiva all’enigma della vita umana. Miseria e grandezza -secondo lui- sono le caratteristiche peculiari dell’uomo, che è continuamente conteso tra l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande. Scrisse nel pensiero 409: “La grandezza dell’uomo è così visibile, che risulta anche dalla sua miseria. Infatti, quello che è natura negli animali, nell’uomo la chiamiamo miseria; così riconosciamo che, essendo oggi la sua natura simile a quella degli animali, egli è decaduto da una migliore natura, che un tempo gli era propria. Chi, infatti, si sente infelice di non essere re, se non un re spodestato?” Questa impostazione che tiene presente l’unità tra il limite individuale e il desiderio d’infinito è anch’essa una risposta all’antropologia cartesiana. Pascal dice (e come dargli torto?) che così carico di limitazioni e di precarietà, l’uomo cerca una via di uscita nel divertissiment (divertimento), nella distrazione e nella ricerca di piaceri in cui però sprofonda in una miseria ancora maggiore, perché inconsapevole.

Il rischio di cadere nel sentimentalismo religioso

Dove però il discorso di Pascal convince poco è nel fatto che sembra non saper individuare una priorità logica (seppur non cronologica) della ragione sulla volontà, per cui tutto sembra canalizzarsi in una sorta di sentimentalismo religioso. A conferma di ciò, sembra esserci proprio la sua “scommessa” per Dio, argomento per cui Pascal viene principalmente ricordato. Egli dice che indipendentemente dalla convinzione dell’esistenza o meno di Dio, conviene “scommettere” sulla sua esistenza, perché, se ci si scommette ed eventualmente esiste, si va in Paradiso, se invece Dio non esiste, non si perde nulla. Argomento -diciamolo francamente- che convince fino ad un certo punto. Sul piano della provocazione oratoria può anche andare, ma non su quello del rigore logico no. L’uomo è un essere intelligente e ha bisogno di adesioni che siano intelligentemente motivate. Egli può e deve convincersi dell’esistenza di Dio, che prima che essere un dato di fede è già un dato di ragione.

Insomma, tutto il rispetto per Pascal, ma su questo punto è da preferire il buon san Tommaso d’Aquino, che, tra parentesi, non passa mai di moda.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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1 Comment on "Il 19 agosto del 1662 muore Blaise Pascal. Conosciamo brevemente il suo pensiero: ciò che va e ciò che non va"

  1. Il sentimento non supera la ragione.
    Mai.

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