Emile Cioran, filosofo e saggista, nacque a Rasinari, in Romania, l’8 arile del 1911 ed è morto a Parigi il 20 giugno del 1995.
Per Cioran la vita è una lotta contro l’assurdo. La vita non ha senso, anzi è qualcosa d’intrinsecamente disordinato. Essa (la vita) può essere definita come una sorta di incidente ridicolo. Ridicolo, perché nella vita ci sarebbe solo la parvenza, cioè l’illusione, della scelta e della libertà. La vita è come una porta che si apre senza consenso (ci si ritrova a vivere senza che lo si voglia) per essere catapultato in un mondo di continue lotte e sofferenze.
Se la vita è un assurdo, allora il centro di questa vita non può che essere il dolore. Dolore che è il centro pulsante dell’esistenza umana. Un dolore costante che fa sì che la vita sia inesorabilmente segnata dal fallimento.
Dunque, la vita è un errore, un incidente cosmico che sarebbe stato molto meglio non ci fosse mai stato. Cioran parla della vita come una sorta di “errore divino”. Forse questo aggettivo “divino” sta a significare che la vita è sì assurda, ma essa è comunque contrassegnata dalla consapevolezza della propria assurdità. Per cui, pur essendo negativa, tale vita genera pur sempre qualcosa di grande, appunto la consapevolezza di se stessa.
In coerenza con queste convinzioni, per Cioran la nascita è il vero problema dell’esistenza. Nascere non può essere un motivo di celebrazione, piuttosto è una condanna inesorabile. Prima della nascita c’è lo stato perfetto, che Cioran chiama “silenzio perfetto“. Insomma, lo stato di perfezione è l’inesistenza della coscienza. E’ infatti con la coscienza che si annienta la pace. Cioran definisce la coscienza come una “lama conficcata nella carne“. E’ con la coscienza che veniamo costretti a confrontarci con l’assurdità dell’esistere.
Da qui il crimine della procreazione. Cioran provocatoriamente afferma di aver commesso ogni crimine tranne quello della procreazione. Visto infatti questi presupposti, mettere al mondo una vita significa esporla ad un’esistenza segnata dal dolore; quindi sarebbe un gesto ingiustificabile. Generare una vita significa condannare questa vita ad una sofferenza perpetua.
Per Cioran il dolore potrebbe comunque portare ad un’esistenza autentica. Ciò avverrebbe quando si capisce che il dolore non è un incidente che può toccare a qualcuno, bensì una costante dell’esistenza. Insomma, per la serie: mal comune, mezzo gaudio. Poco, troppo poco, per generare una vera consolazione.
E così vivere significa rinviare il suicidio. Cioran trovò nella scrittura una “valvola di sfogo”. Egli stesso definì la scrittura come l’occasione per rinviare il suicidio.
Quello di Cioran è uno dei pensieri più emblematici della dissoluzione postmoderna. C’è l’assurdità della vita. C’è il fallimento esistenziale. C’è l’insopportabilità dell’esistere. Tutto conseguente alla negazione di ogni ordine valoriale, a sua volta effetto della constatazione del non senso in cui sarebbe inglobata la realtà.
Ma non solo. Il pensiero di Cioran, al di là delle intenzioni personali, manifesta quanto l’assurdità esistenziale, proclamata dalla postmodernità, richiami l’antica gnosi spuria che tende sempre a riaffiorare nella Storia. Questo lo si può soprattutto notare nella negativizzazione della vita, della coscienza e quindi nella condanna della procreazione, addirittura ritenuta una sorta di “crimine”.
C’è una palese contraddizione nel pensiero di Cioran (ma anche in tutti i pensieri simili a questo). E’ il fatto che da una parte si negativizza la coscienza, ritenuta tragedia dell’esistere, dall’altra, per arrivare a tale constatazione, si deve proprio far uso della coscienza, che diventa in tal modo indirettamente “positiva”.
L’aspetto interessante del pensiero di Cioran è che conferma un dato inequivocabile, ovvero che la questione-di-tutte-le-questioni è capire se la vita è all’insegna del non-senso o del Logos. Una terza possibilità non c’è. Se è all’insegna del non-senso, allora tutto diviene assurdo ed insopportabile. Se invece è all’insegna del Logos, allora tutto cambia. Ovviamente in meglio!
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
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