EDITORIALE: Tempo di riapertura delle scuole: la solita retorica sulla cultura che renderebbe l’uomo più buono

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Si sono da poco riaperte le scuole. Ed incombe la solita retorica, ovvero che una buona scuola risolverebbe tutti i problemi. Buona scuola equivarrebbe a diffusione della cultura; e così, una volta diffusa la cultura, il risultato sarebbe ottenuto, e cioè: tutti buoni e bravi.

Ma questa -diciamocelo francamente- è una favola.

Con la cultura è possibile creare l’uomo onesto? Niente affatto.

Una favola. Precisiamo: una favola neoilluministica, nella convinzione che la disonestà, e quindi anche la criminalità, sarebbero figlie dell’ignoranza.

Ora, anche se non volessimo scomodare motivazioni più profonde, per smentire un simile assunto basterebbe fare un semplice esempio. Noi non siamo fascisti -riteniamo il fascismo un totalitarismo mitigato ma pur sempre di derivazione immanentista-, ma chiediamoci: come mai durante il Ventennio, allorquando il tasso culturale era certamente inferiore a quello di adesso, la criminalità organizzata imperversava molto meno -per non dire “per nulla”- rispetto ad ora? La risposta è molto semplice: perché lo Stato faceva lo Stato. Cosa che adesso non è. Dunque, la cultura non c’entra.

Dire che basti la cultura per risolvere il problema dell’uomo nei confronti del crimine, è quanto di più sciocco ed ideologico si possa pensare.

Certamente la cultura può essere importante, ma bisogna capire quale.

Se non si offrono valori forti, se non si pone l’uomo dinanzi alle sue responsabilità, se non gli si indica l’ineluttabilità di un giudizio eterno che coinvolge la vita, sarà molto difficile che l’uomo possa rendersi conto che valga la pena accettare l’onestà sempre e comunque.

L’essere onesti implica un bellissimo sacrificio, che è quello di governare se stessi, il proprio egoismo, per orientare la vita all’essenzialità. E ciò che rende “bellissimo” tutto questo è il motivo che ne è alla base, un motivo teleologico, ovvero orientato ad un fine per cui vale la pena rinunciare all’egoismo e governarsi: fare il Bene con la “B” maiuscola, cioè fare la volontà di Chi ci ha voluto e ci ha creati.

Ma quando questo fine latita, in nome del relativismo e del nichilismo, rimane il sacrificio, senza più il “bellissimo”… e allora si sprofonda nella viltà del “si salvi chi può!”

Non ci sarà biblioteca che tenga, non ci sarà concorso letterario che tenga, nulla di nulla, se non si ritornerà alle vere ragioni del vivere, se non si ritornerà a capire che ogni azione sarà ripagata nell’eternità. Nel bene e nel male.

Ed ecco perché, proprio un illuminista, come Voltaire dovette ammettere: “Preferisco che i miei domestici credano in Dio. Così la mia argenteria sarà più al sicuro.”


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