SOSTA: Lo sai che la parola “Illuminismo” può significare “filosofia dei lumi” ma anche “occultismo degli illuminati?

di Corrado Gnerre


A scuola ci hanno detto, e continuano a dirci, che il termine “Illuminismo” vuol dire “filosofia dei lumi”, cioè “filosofia della ragione” che si deve contrapporre all’ignoranza della tradizione. Eppure da un punto di vista letterale il termine “Illuminismo” potrebbe anche significare “occultismo degli Illuminati”, che sarebbe cosa ben diversa dalla “filosofia dei lumi”.

Solo un problema di traduzione? Non sembra.

“Occultismo”, letteralmente, significa qualcosa di nascosto; ma in senso magico (questo termine infatti è molto utilizzato nella magia) sta a significare la convinzione che la realtà che si vede sarebbe solo illusione, che la vera realtà invece è quella nascosta, che giace nella volontà di ognuno di noi, e che può essere creata dalla volontà di ognuno di noi.

In questo modo i conti non tornano: se l’Illuminismo è “filosofia dei lumi”, è una cosa; se è “occultismo degli Illuminati”, è tutt’altra cosa.

A sfogliare i libri non c’è spazio ad alcun dubbio: l’Illuminismo è l’Età della Ragione, punto.

Il problema però rimane; e rimane non tanto per la questione nominalistica (“filosofia dei lumi” o “occultismo degli Illuminati”) quanto per quello che l’Illuminismo ha realmente prodotto.

Il secolo XVIII in Europa, e soprattutto in Francia, è stato sì un secolo razionalista ma anche irrazionalista, fortemente affascinato dal magico. Anzi dirò di più: il secolo XVIII fu fortemente affascinato dal magico proprio perché fu troppo orientato verso il razionalismo. Strano? Tutt’altro. Attenti a questo ragionamento.

Il rapporto razionalismo-magia è segnato non da uno ma da due elementi:

1.Il razionalismo è un rifiuto della religiosità umana.

2.Il razionalismo pretende l’onnipotenza della conoscenza umana.

Procediamo con ordine.

L’Illuminismo non fu una semplice valorizzazione ma una crescita sproporzionata della ragione, che spinse alla convinzione secondo cui ciò che è spiegabile dalla ragione, esiste; il resto, no.

Il razionalismo andò così a soffocare tutte le altre componenti dell’uomo, fra cui la religiosità. Ma l’uomo senza una maniglia a cui aggrapparsi, cade. Quando si viaggia nel tram e c’è una frenata brusca, non trovando il tubo a cui aggrapparsi, capita di tenersi su qualcun altro anche lui senza appoggio…e si va tutti a terra. Allo stesso modo se l’uomo smarrisce il vero punto di riferimento religioso, finisce col crearsi dei riferimenti parareligiosi e irrazionali.

Ecco perché nell’Illuminismo, accanto ad una corrente “fredda” razionalista, convisse una corrente “calda” irrazionalista.

L’altro punto è che il razionalismo pretende l’onnipotenza della conoscenza umana. L’affermazione secondo cui esiste solo ciò che può essere conosciuto dalla ragione sta a significare che non è la realtà che giudica la conoscenza dell’uomo ma il contrario, che l’uomo, con la sua conoscenza, può divenire “creatore” della realtà stessa. Dunque, il razionalismo alimenta la pretesa di divinizzazione dell’uomo.

La magia fa la stessa cosa. Mentre la religione è servizio al sacro, la magia è strumentalizzazione del sacro; mentre la religione dice all’uomo che è creatura, la magia dice all’uomo che è Dio stesso. Ecco perché nell’Illuminismo (ma anche in altri “momenti” della modernità) razionalismo ed irrazionalismo si sarebbero alimentati vicendevolmente.

Ma passiamo ai fatti e facciamo degli esempi.

Lo storico Robert Mauzi dimostra come i filosofi illuministi furono tutt’altro che razionalisti coerenti, anzi ebbero una propensione per misteri, mostri e prodigi. Voltaire, mangiapreti incallito, credeva nello spiritismo. Il misterioso ordine dei Rosa-Croce, rivelatosi poi una grande bluf, sorto sì nel XVII secolo, iniziò ad avere una vera e propria incidenza nell’immaginario collettivo proprio nel XVIII secolo: si diffuse grazie al pastore protestante slesiano Samuel Richter, che prenderà poi lo pseudonimo di Sincerus Renatus; tutto questo a partire dal 1756.

L’inglese John Toland (1669-1722) fu uno dei teorici del deismo illuminista (Dio esiste ma non si rivela). Fu dunque razionalista, negando per l’appunto la Rivelazione e quindi la fede come risposta alla Rivelazione; ebbene Toland, oltre ad essere un convinto razionalista, era anche un convinto occultista. Nel 1717, in un noto pub londinese, l’Apple Tree Tavern, fondò l’Ancient Druid Order, dedito a restaurare l’occultismo pagano degli antichi druidi. Toland, che rifiutava delle Sacre Scritture tutto ciò che non si accordasse con la ragione, in primo luogo i miracoli, praticava a giorni alterni la sua fede deista e la sua fede druidica.

Ma non solo occultismo, anche arti divinatorie e cartomanzia. I cosiddetti tarocchi erano molto diffusi nel XVIII secolo e particolarmente in Francia. Nel 1781 compare in Francia un’importante opera di mitologia e linguistica, scritta dall’erudito protestante Antoine Court de Gebelin, dal titolo Le mond primitif analyse et compare avec le mond moderne. Ebbene a pagina 365 dell’ottavo volume si può leggere: “Se si sentisse annunciare che esiste ancora ai nostri giorni un’opera degli antichi Egizi, uno dei libri sfuggiti alle fiamme che divorarono le loro superbe biblioteche (…) ognuno sarebbe senza dubbio ansioso di conoscere un libro così prezioso, così straordinario. (…) questo libro esiste ancora oggi, ed é così comune che nessuno studioso si é mai degnato di occuparsene, perciò nessuno, prima di noi, ne ha sospettato l’illustre origine. Questo libro é il giuoco dei Tarocchi (…).”

Un’ultima notiziola da non dimenticare. Una ricercatrice francese di chiare origini italiane, Eloise Mozzani, diversi anni fa trovò il libro dei conti della più famosa cartomante di Parigi negli anni della Rivoluzione, Anne-Marie Lenormand. Si viene a sapere che tutti i protagonisti della politica del tempo furono suoi clienti. Ci sono i nomi di Fauchet, di Herbert, di Danton, di Desmoulins, di Robespierre…fino a Napoleone e Giuseppina, che pare abbiano affidato proprio alle carte il loro futuro matrimonio.


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