SCRIVONO PER NOI – Perché non si è mai “profeta” nella propria “patria”?

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di Pierfrancesco Nardini

Gesù è Verità. Ogni Sua Parola lo è.
È qualcosa che ognuno riscontra nella propria vita, qualcuno anche molte volte.
Ci si può nascondere dietro a modi di pensare, idee, ostinazioni varie, ma prima o poi si deve capitolare dinanzi a questo.
Uno degli esempi più diffusi è la frase riportata in tutti i Vangeli: il noto “nessuno è profeta in patria” (nel Vangelo di Giovanni (4, 44) non è riportata la frase di Gesù, ma è raccontato che Gesù lo aveva detto).
Questa è, diciamo, la versione “massimizzata” delle frasi di Gesù, riportate nei Vangeli con la varie differenze, ma rende alla perfezione il concetto.
È un perfetto esempio del fatto che ogni parola di Cristo è verità, perché capita a tutti di non essere apprezzati, almeno ogni tanto, nella propria famiglia.
Non si vuol dire che non ci sia stima o che il coniuge o i figli non pensino che l’altro coniuge o i genitori (e viceversa) non siano brave persone con le loro capacità e virtù. Significa che molto spesso si viene bypassati, non si viene ascoltati, si viene trattati come i soliti esagerati che sbraitano, che dicono cose non condivisibili o altro. In sostanza si constata un evidente non dar peso alle opinioni espresse.
Chi non si è mai trovato in questa situazione? Chi non ha mai sentito almeno una volta nella propria vita di non contare nulla, dato che molto spesso non viene calcolato quel che si dice? Pur sapendo, a volte, senza falsa modestia, la giustezza delle proprie opinioni e dei propri consigli.
Nella versione di San Marco, la frase suona così: “non est propheta sine honore nisi in patria sua et in cognatione sua et in domo sua-un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua” (6, 4).
Intanto è bene chiarire che è scontato che la parola “profeta” non sia usata nel termine specifico, ma nel senso lato di qualcuno che indica una corretta soluzione o che dà una corretta visione di come agire in futuro o ancora che è capace di capire bene le situazioni. Non si parla di qualcuno che nella normalità si sente un veggente, un profeta di Dio o cose simili.
Specificato ciò, sembra sia aderente all’esperienza comune ciò che Gesù dice in quella frase.
Benedetto XVI aveva commentato che “questo fatto è comprensibile, perché la familiarità sul piano umano rende difficile andare al di là” (Angelus 8.7.2012). Continuava riferendosi al comprendere la natura divina di Cristo, ma questa frase può essere spiegazione valida anche nel quotidiano dei rapporti umani.
I nostri familiari, le persone a noi vicine si sono fatte un’idea di noi, a volte si sono abituate ad una rapporto normale senza molti spunti, come spesso la quotidianità e i ritmi serrati in cui sono intrappolate le nostre vite costringono a fare. Non si parla molto, non si ha tempo e voglia di approfondire alcune tematiche o anche solo di sfogarsi semplicemente per una questione di lavoro.
Quando capita, quindi, di affrontare discorsi più complessi, molto spesso non si riconosce all’altro la capacità di vedere diversamente e, perché no, meglio di noi, di poter avere un pensiero brillante. Così scatta il meccanismo dell’abitudine che porta a pensare come i compaesani di Cristo: “non è il figlio di Giuseppe?” (Lc 4, 22), “Non è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da dove gli vengono dunque tutte queste cose?” (Mt 13, 55-56; anche Mc 6, 2-3).
Come se la cultura, l’intelligenza, l’essere svegli di una persona dipendessero esclusivamente dalla famiglia e dal luogo di provenienza. Ci sono tantissimi esempi di grandi personaggi a sconfessare questa convinzione.
L’abitudine e il dar per scontati le persone a noi vicine però porta a chiudere la mente e a rifugiarci in ragionamenti simili (“non è lo stesso marito che parla poco?”, “non è mio figlio che pensa solo a divertirsi?” e chi più ne ha più ne metta).
Queste righe potrebbero sembrare solo superficialmente collegate ad un discorso di fede e sulla fede, ma, se ci si pensa, ne è invece strettamente collegato.
Se si pensa che ogni parola di Cristo è verità, ci si sforzerà, nella propria vita, di applicarlo in ogni circostanza, così da evitare situazioni gravi e meno gravi, come l’esempio sopra riportato.
In questo esempio, infatti, si potrà evitare di non dar peso a chi ci sta vicino e a non darlo per scontato ed evitare tensioni che potrebbero crearsi perché l’altro si sentirà non importante nella vita degli altri e risentirsene. Sappiamo che una piccola cosa può diventar valanga se non affrontata.
In una famiglia questo è di fondamentale importanza, molto spesso lo si sottovaluta, ma chissà quante volte situazioni simili, non considerate, hanno portato a silenzi e ad altre conseguenze.
Nelle piccole cose sta l’importanza della vita, immaginiamo quanto possa essere importante allora tenere a mente ogni singola parola di Gesù, ognuna delle quali più grande di ogni …grandezza umana.

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