Perché la Speranza deve poggiare sulla confidenza in Dio e non in se stessi?

La Speranza è una cosa molto seria per poter essere fondata sull’uomo. Certo, l’uomo ha una grandezza in sé: è l’unico essere sulla faccia della terra che è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio. Ma l’uomo è anche fragile; e tale fragilità si è ancora più acuita con la perdita del dono preternaturale dell’integrità.  Prima del peccato originale, all’uomo riusciva più facile fare il bene che fare il male; dopo il peccato originale, è il contrario: all’uomo è più facile fare il male che il bene. Da qui si capisce come sia da stolti confidare nell’uomo. Dice il profeta Geremia (Capitolo 17): “Maledetto sia l’uomo che confida nell’uomo”. In questo non poter confidare nell’uomo non si fa riferimento solo all’altro, ma anche a se stesso. L’ex ladro Flambeau, convertito da padre Brown (personaggio nato dalla penna di Chesterton) chiede al sacerdote-detective come gli riuscisse così facile scoprire i colpevoli dei vari misfatti. Padre Brown risponde dicendo che la sua “tecnica” è immedesimarsi nel colpevole per chiedersi cosa avrebbe fatto lui, se fosse stato lui a commettere quel furto o quell’omicidio. Poi aggiunge che ognuno può essere un grande santo o un pericolosissimo criminale, perché il discrimine tra queste due possibilità è strettissimo. Lo scrittore Francesco Burdin (1916-2003) scrisse: “Non cerco la compagnia degli uomini. Ne ho già uno indosso, mi basta e mi avanza.”

Dunque, se è da stolti confidare nell’uomo, è invece da intelligenti confidare in Colui che è l’immutabile e che non potrà mai venir meno alle proprie promesse, ovvero un Dio immutabile, non volubile e non capriccioso, cioè il vero Dio, che è quello Cattolico.

Davide fu prescelto per combattere contro il gigante Golia, con ogni probabilità un marcantonio di due metri e passa pieno di muscoli. Davide era gracile. La Bibbia lo descrive come fulvo di capelli per far capire quanto fosse muscolarmente inconsistente. A Davide fanno indossare un’armatura, ma egli si accorge di non saperla portare, la trova ingombrante; per cui giustamente conclude che se Dio ha voluto che andasse a combattere, armatura o non-armatura, sarebbe stato Dio stesso a dargli forza. Ecco la vera Speranza che si radica sulla vera Fiducia! Davide si presenta dinanzi a Golia e questi lo deride vedendolo così piccolo ed inesperto. Ma Dio era con Davide e la storia finì come finì.

Nella trilogia de Il Signore degli Anelli, Frodo viene investito di una missione praticamente impossibile: distruggere l’Anello magico recandosi sul Monte Fato, cioè sul luogo dove era stato forgiato. Perché la fantasia di Tolkien sceglie lui, un fragile hobbit e non un altro personaggio con caratteristiche meglio predisposte alla difficile missione? E’ perché il cattolico Tolkien vuol far capire che è forte colui che si riconosce debole: “…sono forte quando sono debole” dice san Paolo (2 Corinti 12,10).


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1 Comment on "Perché la Speranza deve poggiare sulla confidenza in Dio e non in se stessi?"

  1. Giovanni Di Guglielmo | 7 Dicembre 2024 at 8:36 | Rispondi

    Tutto giusto, però si può anche dire che dentro se stessi si trova Dio. Quindi confidando VERAMENTE in se stessi, nella nostra vera natura, che è divina, si confida contemporaneamente in Dio…

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