SOSTA: Quale spiegazione dare al nepotismo della Chiesa rinascimentale?

Enciclopedia Apologetica della Religione Cattolica, Alba (Cuneo), 1948


Si chiama “nepotismo” la tendenza dimostrata da alcuni papi a colmare di favori i loro parenti e nipoti. Eccetto Benedetto XII, il quale disse che il papa “deve assomigliare a Melchisedech che non aveva né padre, né madre, né genealogia”, tutti hanno abbondantemente provvisto di benefici e di dignità ecclesiastiche i loro parenti, nipoti, alleati, conterranei. Il nepotismo non è esclusivo dei papi avignonesi, ma c’era già nella Chiesa e imperversò specialmente nel Rinascimento.

Il nepotismo causò abusi assolutamente ingiustificabili, specialmente al tempo di Alessandro VI. E’ spiegabile come gli ecclesiastici, compresi quelli dei gradi più elevati, si sentano giustamente obbligati a conservare verso i loro prossimi, un affetto privilegiato, che, quando il merito è sensibilmente eguale, li inclina a preferire i loro parenti nel conferire le dignità e i favori. E bisogna riconoscere che quest’uso se elevò a posti di responsabilità persone indegne, altre volte provvide alla Chiesa abili amministratori, riformatori zelanti, e anche dei santi, come il cardinale Carlo Borromeo nel secolo XVI.

il nepotismo pontificio è ancor più spiegabile, e in parte giustificabile, quando si consideri come la Chiesa in quel tempo fosse impigliata negli affari temporali e come il papato fosse sotto la continua minaccia dell’egemonia del collegio dei cardinali. Colmando i loro nipoti di dignità e favori, i papi da una parte speravano di essere fedelmente assecondati nella lotta contro i prìncipi per mantenere la loro potenza temporale, d’altra parte credevano di trovare nei parenti un saldo appoggio per resistere alle esigenze dei cardinali, desiderosi di dominare il papato.


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