SOSTA – Siamo d’accordo con papa Francesco: per la sanità il modello aziendale non va bene

Papa Francesco, nell’udienza concessa il 10 febbraio scorso alla Commissione Carità e Salute della Conferenza Episcopale Italiana, guidata dal cardinale di Agrigento Francesco Montenegro, ha detto:  «Se c’è un settore in cui la cultura dello scarto fa vedere con evidenza le sue dolorose conseguenze è proprio quello sanitario. Quando la persona malata non viene messa al centro e considerata nella sua dignità, si ingenerano atteggiamenti che possono portare addirittura a speculare sulle disgrazie altrui. E questo è molto grave! Occorre essere vigilanti, soprattutto quando i pazienti sono anziani con una salute fortemente compromessa, se sono affetti da patologie gravi e onerose per la loro cura o sono particolarmente difficili, come i malati psichiatrici. Il modello aziendale in ambito sanitario, se adottato in modo indiscriminato, invece di ottimizzare le risorse disponibili rischia di produrre scarti umani. Ottimizzare le risorse significa utilizzarle in modo etico e solidale e non penalizzare i più fragili».  

Negli ultimi tempi ci siamo trovati, con rammarico ma per doverosa coscienza, ad esprimere giudizi critici nei confronti di alcune affermazioni del regnante Pontefice. Confermiamo il nostro giudizio, ovvero che finora questo pontificato non si sta distinguendo per chiarezza, tutt’altro. Ciò però non deve impedirci (sarebbe sciocco e ottuso) di rilevare alcune “luci” nel magistero di papa Francesco. Le parole che abbiamo appena citate sono importanti per capire questioni importanti relative al mondo della sanità.

Il Papa giustamente denuncia la mentalità aziendale che si può introdurre e di fatto si è introdotta in questo mondo e che, inevitabilmente, produce conseguenze molto negative. Il Papa parla opportunamente di “scarti”.

Facciamo qualche riflessione in merito.

E’ indubbio che la Dottrina Sociale della Chiesa rifiuti derive di tipo statalista, che in economia si traducono in sistemi dirigistici.

Si sa anche che un adeguato sistema concorrenziale (ovviamente regolato) conduce ad un innalzamento della qualità di produzione, nonché ad una maggiore efficienza lavorativa.

Va detto però che la cura degli ammalati non è assimilabile ad altri campi lavorativi e produttivi. Si tratta di qualcosa di profondamente diverso per due motivi: primo, per l’importanza del risultato che si vuole ottenere, la cura del corpo; secondo, per la dignità del soggetto su cui direttamente si “lavora”, l’integrità della persona umana.

Ebbene, questi due “motivi” rendono -come dicevamo- la sanità un campo totalmente diverso dagli altri. Un ospedale non è un laboratorio artigianale, né tanto meno un’industria o un centro commerciale (paghi uno e compri due!). Anzi, se si volesse trovare una sorta di paragone, potremmo dire che un ospedale è più naturalmente assimilabile ad una chiesa. Ovviamente, con la dovuta e gerarchica differenza, nella chiesa si cura l’anima, nell’ospedale il corpo, e la salvezza dell’anima è più importante di quella del corpo.

Un tempo questo discorso aveva una sua ovvietà. Un po’ perché non dominava un’economia libercapitalista e iperfinanziaria, un po’ perché il senso morale, che scaturisce inevitabilmente dal timore di Dio e del suo giudizio, faceva sì che la dimensione etica permeasse tutto. D’altronde le grandi opere assistenziali e gli stessi ospedali nacquero grazie a santi e ad ordini religiosi.

Oggi, invece, non è più così. Pertanto, fermo restando il lavoro che va fatto sempre sull’uomo per la sua interiore conversione, non ci si può fidare delle leggi dell’economia moderna, men che meno del fatto che l’economia lasciata a sé stessa avrebbe la capacità di autoregolarsi, questa è una grande idiozia del liberismo. Occorre che in certi campi (e la sanità è uno di questi) la presenza dello Stato si faccia maggiormente sentire.

E’ vero che rimane insoluta la questione: qual è questo Stato? Ma è pur vero che, in caso contrario, si pone il problema di: qual è questa economia? E, dunque, non se ne esce.

Né si può affermare che i manager non fanno altro che cercare di sanare i guasti delle consorterie politiche, perché anche quella dei manager finisce con l’essere una consorteria. D’altronde i manager non scendono certo dall’iperuranio. Sono nominati anch’essi dalle consorterie politiche.

Insomma, oggi come oggi, crediamo non sia affatto scandaloso (anzi!) invocare una maggiore presenza dello Stato nell’economia, soprattutto -lo ripetiamo- in quei campi dove si lavora più direttamente sull’uomo e sulla sua dignità.

Quando poi tornerà la civiltà cristiana -a cui tutti noi aspiriamo e per cui indegnamente lavoriamo- sarà un altro discorso.

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1 Comment on "SOSTA – Siamo d’accordo con papa Francesco: per la sanità il modello aziendale non va bene"

  1. Ma la gente che puó scappa dai sistemi sanitari pubblici per quelli privati e quelli che non possono vorrebbero che i pubblici fossero come i privati ma sappiamo che questo é impossibile.

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