APOLOGETICA CON LE FIABE – La piccola guardiana di oche (Fratelli Grimm)

Il cattolico Tolkien, famoso autore della trilogia de Il Signore degli anelli, scrive nel suo Le fiabe:  “Il compositore della fiaba si dimostra un sub-creatore riuscito. Egli costruisce un Mondo Secondario in cui la nostra mente può introdursi. In esso, ciò che egli riferisce è vero: in quanto in accordo con le leggi del mondo.” Tolkien ha ragione. La fantasia non è surrealismo. Quest’ultimo nasce dalla pretesa folle di riscrivere il reale, rifiutandone le sue costitutive leggi. La fantasia, invece, è passione per il vero e per il reale. E’ una passione di tale portata che arriva ad offrire di questo vero e di questa realtà una chiave di lettura che possa meglio evidenziarne il mistero. Quale mistero? Il miracolo che rende la realtà un codice attraverso il quale cogliere la presenza continua di Dio e la bellezza della sua Verità. Ecco dunque che si può fare apologetica anche attraverso le fiabe.


La fiaba

C’era una volta una vecchia regina, vedova da molti anni, che aveva una bella figlia. Quando fu cresciuta, la fanciulla fu promessa a un principe che abitava lontano. Giunto il tempo delle nozze, quando dovette partire per il regno straniero, la vecchia madre preparò per lei arredi preziosi e gioielli, oro, argento, coppe e monili: in breve, tutto ciò che si addice ad una dote regale, poiché amava teneramente la figlia. Le diede inoltre una fantesca che doveva accompagnarla e consegnarla nelle mani dello sposo; ed entrambe ebbero un cavallo per il viaggio; quello della principessa si chiamava Falada e sapeva parlare. Quando venne l’ora di accomiatarsi, la vecchia madre andò nella propria camera, prese un coltellino e si ferì le dita, per farle sanguinare; poi vi mise sotto una pezzuola bianca, e vi fece cadere tre gocce di sangue, la diede alla figlia e disse: “Cara bambina, serbale con cura, ne avrai bisogno per via.”

Poi si dissero tristemente addio; la principessa si mise la pezzuola in seno, salì a cavallo e iniziò il cammino per raggiungere il suo sposo. Dopo aver cavalcato per un’ora, la principessa ebbe una gran sete e disse alla fantesca: “Scendi, e con il bicchiere che hai portato per me prendi acqua dal ruscello: vorrei bere un po’.” – “Se avete sete,” rispose la fantesca, “scendete voi stessa da cavallo, mettetevi sull’orlo del ruscello e bevete; non mi piace farvi da serva!” La principessa aveva tanta sete che scese, si chinò sull’acqua del ruscello e bevve senza poter usare il suo bicchiere d’oro. Allora disse: “Ah, Dio mio!” E le tre gocce di sangue risposero: “Lo sapesse tua madre, il suo cuore si spezzerebbe dal gran dolore!” Ma la principessa era di buon cuore, non disse nulla e risalì a cavallo. Cavalcarono per alcune miglia, ma la giornata era calda, il sole scottava, e ben presto ella tornò a patire la sete. Quando giunsero nei pressi di un altro fiume, ella tornò a dire alla fantesca: “Scendi, e dammi da bere nel mio bicchiere d’oro,” poiché‚ già da un pezzo aveva dimenticato tutte le sue cattive parole. Ma la fantesca rispose in modo ancora più altezzoso: “Avete sete? Scendete giù, a voi da serva non faccio più!” La principessa aveva tanta sete che scese, si chinò sull’acqua corrente e disse piangendo: “Ah, mio Dio!” E le gocce di sangue risposero di nuovo: “Lo sapesse tua madre, il suo cuore si spezzerebbe dal gran dolore!” E, mentre beveva, china sull’acqua, la pezzuola con le tre gocce di sangue le cadde dal seno e fu portata via dalla corrente, senza che ella, nella sua grande angoscia, se ne accorgesse. Intanto la fantesca aveva visto tutto e se ne rallegrò: ormai la sposa era in suo potere, ella aveva perduto le tre gocce di sangue e ora era debole e impotente. E quando la principessa volle risalire sul suo cavallo, la fantesca disse: “Falada ora tocca a me, tu cavalcherai il mio ronzino!” La principessa fu costretta a ubbidirle e dovette inoltre togliersi le vesti regali per indossare i suoi brutti panni, e infine, sotto la volta del cielo, dovette giurare che alla corte del re non avrebbe fatto parola di tutto ciò con nessuno, e se si fosse rifiutata di prestare giuramento, sarebbe stata uccisa all’istante. Ma Falada aveva osservato ogni cosa con grande attenzione.

La fantesca montò in sella a Falada mentre la vera sposa salì sul ronzino, e proseguirono il viaggio finché giunsero al castello reale. Furono accolte con grande gioia; il principe corse loro incontro e aiutò la fantesca a scendere da cavallo, pensando che si trattasse della sua sposa. Così costei fu condotta su per le scale, mentre la vera principessa dovette restare da basso. Ma alla finestra c’era il vecchio re, e la vide ferma in cortile, così bella, fine e delicata; allora andò nella sala reale e domandò alla promessa sposa chi fosse la fanciulla che l’accompagnava e che si trovava sotto in cortile.

“L’ho presa con me lungo la strada perché mi tenesse compagnia; datele qualcosa da fare, che non resti inoperosa.” Ma il vecchio re non sapeva proprio che lavoro darle, perciò le disse: “Ho un ragazzetto che custodisce le oche; potrebbe aiutarlo.” Il ragazzo si chiamava Corradino e la vera sposa dovette aiutarlo a custodire le oche.

Ma ben presto la falsa sposa disse al giovane re: “Mio caro sposo, vi prego, fatemi un piacere!” – “Volentieri,” rispose quello. “Fate chiamare lo scorticatore per tagliare la testa al cavallo sul quale sono giunta fin qui: per strada mi ha fatta arrabbiare.” In realtà ella temeva che il cavallo rivelasse come aveva trattato la principessa. Le cose erano arrivate a tal punto che non vi fu più scampo: il fedele Falada dovette morire. Lo venne a sapere anche la vera principessa e promise di nascosto allo scorticatore di dargli una moneta d’oro se le avesse reso un piccolo servizio: in città c’era una grande porta buia attraverso la quale ella doveva passare mattina e sera con le sue oche; lo pregò di inchiodare sotto quella porta la testa di Falada, perché potesse vederlo ancora qualche volta. Lo scorticatore promise di farlo, tagliò la testa e l’inchiodò sotto la porta buia.

La mattina di buon’ora, quando la principessa passò insieme a Corradino sotto la porta, disse: “Oh, Falada, appeso lassù!” E la testa rispose: “Oh Reginella che cammini laggiù! Lo sapesse tua madre, il suo cuore si spezzerebbe dal gran dolore!”

Ella proseguì silenziosamente il suo cammino fuori dalla città, conducendo le oche al pascolo. E, giunta sul prato, si mise a sedere e si sciolse i capelli, che erano d’argento puro; e Corradino li guardava e gli piacevano, erano così lucenti e avrebbe voluto strappargliene qualcuno. Allora ella disse: “Oh vento, assai forte tu devi soffiare, il suo cappello lontan fai volare, cosicché a lungo lo debba cercare in modo ch’io mi possa pettinare, sistemare e agghindare.” Allora si levò un vento così forte che portò via il cappello a Corradino, ed egli dovette rincorrerlo per i campi. Quando ritornò, ella aveva finito di pettinarsi, ed egli non poté prenderle neanche un capello. Corradino si arrabbiò e non le parlò più; così custodirono le oche fino a sera, poi tornarono a casa.

Il mattino dopo, mentre passavano sotto la porta buia, la fanciulla disse: “Oh, Falada, appeso lassù!”

E Falada rispose: “Oh Reginella che cammini laggiù! Lo sapesse tua madre, il suo cuore si spezzerebbe dal gran dolore!”

E quando fu in mezzo ai campi, tornò a sedere sul prato e incominciò a pettinarsi i capelli. Corradino corse per afferrarli, ma ella disse in fretta: “Oh vento, assai forte tu devi soffiare, il suo cappello lontan fai volare, cosicché‚ a lungo lo debba cercare in modo ch’io mi possa pettinare, sistemare e agghindare.”

Allora il vento soffiò e gli portò lontano il cappello, sicché‚ egli dovette rincorrerlo. E, quando ritornò, ella si era pettinata da un pezzo ed egli non pot‚ prenderle neanche un capello; così custodirono le oche fino a sera.

Ma la sera, quando furono ritornati a casa, Corradino si presentò al vecchio re e gli disse: “Non voglio più custodire le oche con quella ragazza.” – “E perché mai?” domandò il vecchio re. “Eh, mi fa arrabbiare tutto il giorno!” Allora il vecchio re gli ordinò di raccontare com’erano andate le cose. E Corradino disse: “Al mattino, quando passiamo con il branco sotto la porta buia dove è appesa al muro una testa di cavallo, ed ella gli parla: ‘Oh, Falada, appeso lassù!’ E la testa risponde: ‘Oh Reginella che cammini laggiù! Lo sapesse tua madre, il suo cuore si spezzerebbe dal gran dolore!'” E Corradino seguitò a raccontare ciò che avveniva quando si trovavano nel campo, e come egli dovesse rincorrere il suo cappello al vento.

Il vecchio re gli ordinò di condurre fuori le oche anche il giorno dopo, e quando fu mattina si mise egli stesso dietro la porta buia e udì com’ella parlava alla testa di Falada; poi la seguì fino al campo e si nascose in un cespuglio sul prato. Così poté vedere con i propri occhi i due guardiani menare il branco di oche al pascolo; e, dopo un po’, vide la fanciulla sedersi e sciogliersi i capelli che risplendevano brillanti. E subito ella disse: “Oh vento, assai forte tu devi soffiare, il suo cappello lontan fai volare, cosicché‚ a lungo lo debba cercare in modo ch’io mi possa pettinare, sistemare e agghindare.” Ed ecco, una raffica di vento portò via il cappello a Corradino, che dovette correr lontano; e la fanciulla si pettinò tranquillamente e intrecciò i suoi ricci, mentre il vecchio re osservava ogni cosa con attenzione. Poi tornò indietro senza esser visto e, la sera, quando la guardiana delle oche rincasò, la chiamò da parte e le chiese perché si comportasse in questo modo. “Non posso dirlo a voi né a nessun altro: l’ho giurato sotto la volta del cielo, altrimenti avrei perso la vita.” Egli insistette senza darle pace. “Se a me non vuoi dir nulla,” disse infine il vecchio re, “confidati almeno con il forno.” – “Sì, lo farò,” rispose ella. Così si rannicchiò nel forno e liberò il proprio cuore dicendo com’erano andate le cose e come fosse stata ingannata dalla perfida fantesca. Ma il forno aveva un’apertura in alto e il vecchio re udì tutto, parola per parola. Subito le fece indossare vesti regali e pareva un miracolo, tanto era bella. Il vecchio re chiamò suo figlio e gli rivelò che gli era toccata la sposa falsa: si trattava soltanto di una fantesca, mentre quella vera era la guardiana delle oche. Il giovane principe ne fu felice vedendo la sua bellezza e la sua virtù. Fu preparato un gran banchetto al quale furono invitati amici e conoscenti. A capotavola sedeva lo sposo con la principessa da un lato e la fantesca dall’altro; ma costei era abbagliata, e non riconobbe la principessa in tutto quello splendore. Quand’ebbero mangiato e bevuto ed erano tutti di buon’umore, il vecchio re pose un indovinello alla fantesca: cos’avrebbe meritato una che avesse ingannato il suo signore così e così? Le raccontò tutto per filo e per segno e chiese: “Qual è la condanna che si merita?” Allora la falsa sposa rispose: “Almeno di essere denudata e gettata in una botte foderata di chiodi aguzzi; vi si devono poi attaccare due cavalli bianchi che la trascinino su e giù per le strade fino a farla morire.” – “Tu sei quella!” esclamò il vecchio re. “Hai pronunciato tu stessa la tua condanna e sarà fatto ciò che hai detto.” Quando la condanna fu eseguita, il giovane re si unì in matrimonio alla vera sposa, ed entrambi regnarono pacifici e felici.


La Provvidenza vuole che noi offriamo il nostro sangue per chi dobbiamo amare

La Verità Cattolica afferma che l’uomo è un’unione di anima e di corpo. Il corpo non è qualcosa di transitorio, di aggiuntivo, perfino di sostituibile. No, il corpo è parte integrante della persona umana. L’uomo è la sua anima, ma anche il suo corpo. E’ talmente importante questo che la Verità Cattolica afferma che se non ci fosse stato il peccato originale, l’uomo non avrebbe perso il suo corpo, anzi: sarebbe salito al Cielo con il suo corpo. Cosa che è toccata a Maria Santissima perché preservata dal peccato d’origine. La perdita del corpo è una conseguenza del peccato. Ma attenzione: si tratterà di una perdita provvisoria, perché, alla fine dei tempi, cioè immediatamente prima del giudizio universale, ci sarà la resurrezione dei corpi. Ogni anima riceverà il suo corpo. Un corpo glorificato per le anime del Paradiso, un corpo abbruttito e da reprobi per le anime dannate dell’Inferno.

Riflettiamo su un punto. Se il corpo è parte integrante della persona umana, allora il corpo è unito all’anima e deve essere governato da essa. Ciò vuol dire che l’anima s’impegna a conformarsi alla volontà di Dio e così deve anche governare il suo corpo a farlo.

Nella vita cristiana non è possibile una scissione. Se l’anima dice “sì” a Dio (e deve dire di “sì” a Dio!), anche il suo corpo deve dire di “sì” a Dio. Anche il corpo deve glorificare Dio, perché tutto l’uomo è tenuto a farlo.

Cosa fece sì che il Re desse credito facilmente alla povera fanciulla ch’era stata offesa e ingannata? Il fatto che vedeva in lei un portamento nobile che sicuramente non scorgeva nella cattiva fantesca. Fu questo il motivo per cui volle vederci chiaro per far sì che il figlio non venisse ingannato sposando chi non meritasse il suo amore.

Un comportamento aristocratico da parte della principessa che si era manifestato anche nella fedeltà ad un giuramento. Si trattava di cambiare la propria vita, meglio: di poter ritornare alla sua vera vita. Si trattava di potersi salvare. Si trattava di poter divenire regina. Ma il giuramento fatto sotto la volta del cielo non poteva essere infranto.

Per ripagare questa fedeltà ad un atto, per ripagare questa nobile correttezza, la Provvidenza interviene e fa sì che le parole della povera fanciulla fuoriuscissero dal forno. E così tutto si ristabilisce. E così tutto si riordina. E così tutto rientra secondo il sacrificio di quella sapiente regina che aveva accettato il distacco della sua amata figlia pur di renderla felice.

Un sacrificio segnato dal dono del suo sangue (le tre gocce di sangue sul fazzoletto).


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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