Rubrica a cura di Corrado Gnerre
Il cattolico Tolkien, famoso autore della trilogia de Il Signore degli anelli, scrive nel suo Le fiabe: “Il compositore della fiaba si dimostra un sub-creatore riuscito. Egli costruisce un Mondo Secondario in cui la nostra mente può introdursi. In esso, ciò che egli riferisce è vero: in quanto in accordo con le leggi del mondo.” Tolkien ha ragione. La fantasia non è surrealismo. Quest’ultimo nasce dalla pretesa folle di riscrivere il reale, rifiutandone le sue costitutive leggi. La fantasia, invece, è passione per il vero e per il reale. E’ una passione di tale portata che arriva ad offrire di questo vero e di questa realtà una chiave di lettura che possa meglio evidenziarne il mistero. Quale mistero? Il miracolo che rende la realtà un codice attraverso il quale cogliere la presenza continua di Dio e la bellezza della sua Verità. Ecco dunque che si può fare apologetica anche attraverso le fiabe.
La fiaba
C’erano una volta un taglialegna e sua moglie, che vivevano con la vecchia nonna in una misera casetta ai margini del bosco. Erano poverissimi e desideravano tanto un bimbo. L’uomo stava fuori a far legna tutta la giornata e la moglie lavorava all’arcolaio. Finalmente, giunse il giorno tanto atteso, e la donna ebbe la gioia di mettere al mondo un bel bambino, che nacque con la camicia.
Intanto il re di quelle terre confidò al suo ciambellano che una strega gli aveva predetto che sua figlia avrebbe sposato un giovane poverissimo, nato in una casupola al limitare della foresta. Il ciambellano allora gli consigliò di andare a prelevare il bambino e di abbandonarlo alla corrente del fiume.
Il re e il ciambellano riuscirono a prelevare il bambino e lo abbandonarono in una cesta che navigò sul fiume. Ma il bambino, essendo nato con la camicia, non poté che salvarsi. Fu trovato da un mugnaio e da un suo garzone. Questi lo salvarono dalle acque decidendo di allevarlo. Lo chiamarono Fiumetto, proprio perché trovato sulle acque del fiume.
Passarono molti anni e Fiumetto era ormai un giovane che lavorava al mulino. Un giorno passò di lì il re il quale era stato colto da un brutto temporale. Il re fu accolto dal mugnaio e da Fiumetto e chiese il perché di quello strano nome “Fiumetto”. Il mugnaio ne spiegò il motivo. Il re allora capì che il bambino che aveva abbandonato anni prima era ancora vivo. Immediatamente escogitò un tranello. Scrisse una lettera alla moglie dicendo di far uccidere il giovane che le avrebbe consegnato la lettera. Poi disse al giovane di andare alla reggia e consegnare la lettera, ben sigillata, alla regina.
Nel viaggio verso la reggia, Fiumetto chiese ospitalità ad una casa che però abitata da otto ladroni. La domestica avvertì il ragazzo che si trattava di una dimora pericolosa, ma questi rispose di non avere paura perché nato con la camicia. In realtà i ladroni non erano cattivi. Trovarono il ragazzo addormentato e scorsero la lettera che penzolava dal tascone. La lessero e ci rimasero male. Pensarono allora di sostituirla con un’altra che ordinava alla regina di far sposare la figlia al giovane che l’avrebbe consegnata.
Arrivato alla reggia, la regina, letta la missiva, diede immediatamente ordine di iniziare i preparativi del matrimonio. Quando il re arrivò si stupì della cosa, ma non potette far nulla per impedire. L’unica cosa che fece fu quella di dire al giovane che per sposare la principessa avrebbe dovuto portargli i tre capelli d’oro che sono sulla testa dell’orco Brac.
Il ragazzo partì senza timore. Nel viaggio passò per una città in cui vivevano delle persone alle quali piaceva molto il vino, tanto che avevano nella piazza principale una fontana che invece di acqua buttava vino. Ma da tempo si era rotta. Un soldato, avendo saputo che il giovane andava dall’orco Brac, gli chiese la cortesia di domandare all’orco il perché la fontana non desse più vino. Un altro soldato chiese la cortesia di domandare all’orco perché il suo albero non desse più mele d’oro. Arrivato poi da un traghettatore, questi gli chiese di domandare all’orco perché non riuscisse ad abbandonare il suo mestiere ed essere sostituito da un altro.
Fiumetto arrivò alla case dell’orco. Lo accolse la nonna dell’orco a cui questi voleva molto bene. Ella. maternamente, disse al ragazzo che doveva trasformalo in formica altrimenti l’orco se lo sarebbe mangiato. Fiumetto comunicò alla donna anche le domande che doveva porre all’orco. Approfittando che fosse addormentato, la nonna strappò dal suo capo un capello d’oro e disse al nipote di aver sognato una fontana che non buttava più vino. L’orco rispose che doveva esserci un rospo sotto la fontana che impedisse a questa di zampillare. L’orco si riaddomentò. Così la nonnina poté il secondo capello e disse di aver sognato un albero che non dava più mele d’oro. L’orco, infastidito, rispose che evidentemente sotto terra c’era un topo che ne rosicchiava le radici. La vecchina poi strappò il terzo capello e pose la questione del traghettatore. A che l’orco, ancora più infastidito, disse che questi, con una scusa, doveva lasciare il remo ad un passeggero e poi scappare via.
Fu così ch Fiumetto poté informare i due soldati e il traghettatore delle risposte dell’orco. Per ricompensa ricevette dai soldati alcuni sacchi pieni di monete d’oro.
Poi Fiumetto tornò alla reggia consegnando al Re i tre capelli d’oro. Il re rimase sbalordito non solo per il fatto che il giovane fosse riuscito nell’impresa, ma anche perché aveva un ricchissimo tesoro con sé. Invidioso, pensò anche lui di andare dall’orco per guadagnarsi tanta ricchezza, ma quando arrivò al fiume e dovette salire sul traghetto, il traghettatore, con una scusa, gli consegnò il remo e scappò vita.
E così ancora adesso il re è costretto a traghettare e a non fare più il re.
L’evidenza del progetto che Dio ha su ognuno di noi
L’uomo è libero. Può scegliere tra il Bene e il Male. Bene e Male che non può decidere a proprio piacimento, ma che sono nelle cose e che quindi deve saper riconoscere e non può inventare.
Ma c’è un Bene ed un Male anche per come costruire la propria vita. Meglio: per come gestirla.
Dio oltre a volere che noi ci conformiamo a Lui, che è Sommo bene, e quindi a rifiutare il Male, ci ha preparato anche un posto nel suo Paradiso. Un posto ben preciso che è diverso ed unico rispetto a tutti gli altri posti. E se non lo occuperemo noi, nessun altro lo potrà occupare per noi. E’ un posto tagliato (come si suol dire) proprio su di me e basta…ovviamente tutti sono chiamati a tirare a fare la stessa riflessione per se stessi.
Dunque bisogna corrispondere.
Se il protagonista della fiaba, malgrado sapesse di essere nato con la camicia, avesse voluto agire non tenendo volutamente conto di questo, per lui sarebbe stata la fine e sarebbe stato sicuramente ucciso.
Ma ha voluto confidare su questo fatto (l’essere nato con la camicia) e sulla bellezza di questo fatto ha costruito la propria vita, non sottraendosi coraggiosamente ai pericoli. Mai perdendo fiducia nell’avvenimento che ha contraddistinto la sua nascita. Ha corrisposto.
Ma se questo è per il protagonista, c’è un’altra verità che va tenuta presente.
Non c’è alcuno che possa avere il potere di scompaginare i progetti di Dio. Solo l’anima a cui sono indirizzati questi progetti può renderli infruttuosi. Altri no.
Il Re ha fatto di tutto per evitare che il ragazzo sposasse la figlia, ma inutilmente.
Anzi, proprio per questa stoltezza di misurarsi con Dio, ha finito di essere Re per diventare un infelice, schiavo di tutti coloro che avessero desiderato passare al di là del fiume.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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