BORRACCIA – 30 dicembre

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Tra gli strumenti di un cammino vi è la borraccia con cui portarsi dietro dell’acqua per idratarsi. Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Borraccia” è la meditazione. I vari punti sono i “sorsi” della meditazione.


L’ACQUA

La mancanza della fede in coloro che vivono in peccato non nasce dall’oscurità della fede, perché sebbene le cose della fede Dio ha voluto che ci fossero oscure e nascoste, affinché acquistassimo merito nel crederle, pure la verità della fede si è resa a noi così evidente dai contrassegni che ce la manifestano, che non crederla non solo sarebbe imprudenza, ma empietà e pazzia. Nasce dunque la debolezza della fede di molti dalla cattiva condotta. Chi disprezza la divina amicizia per non privarsi dei piaceri proibiti vorrebbe che non ci fosse legge che proibisse né castigo per chi pecca, e perciò procura di non pensare alle verità eterne, della morte, del giudizio, dell’inferno, della divina giustizia; e perché queste verità lo spaventano ed amareggiano i suoi piaceri, giunge ad assottigliarsi il cervello per trovare ragioni almeno verosimili, con cui possa persuadersi o lusingarsi che non ci sia né anima né Dio né inferno, per vivere e morire come le bestie che non hanno né legge né ragione.

(Sant’Alfonso Maria dei Liguori – “Pratica di amar Gesù Cristo”)

I SORSI

1

Cari pellegrini, vi ricordate ciò che avvenne al famoso Dorando Petri (1882-1942)? Questi arrivò primo al traguardo della maratona alle Olimpiadi di Londra del 1908, ma venne poi squalificato e gli fu tolta la vittoria perché negli ultimi metri fu sorretto dai giudici che lo avevano visto barcollare.

2

Nell’acqua di questa borraccia sant’Alfonso Maria de’ Liguori dice con grande chiarezza che la mancanza di fede in alcuni non scaturisce da una difficoltà intrinseca o dal fatto che nella fede cattolica ci siano dei misteri, bensì dalla cattiva condotta di costoro, che, per legittimare i propri vizi, contorcono talmente l’intelligenza affinché questa non si prostri dinanzi all’evidenza di una verità che li costringerebbe a cambiare vita.

3

Dunque, si tratta di un voluto (consapevole o inconsapevole) accecamento dell’intelligenza.

4

Eppure -se ci si riflette- anche in questo si manifesta la grandezza dell’uomo. Ovviamente, si tratta di una grandezza che rende gravemente responsabile l’uomo stesso. Prendiamo l’ateismo. Negare l’esistenza di Dio è un assurdo. Eppure ci sono coloro che lo fanno. Ebbene, solo l’uomo può decidere di essere ateo, l’animale no. Ciò perché nell’uomo è connaturato il concetto di Dio, per cui l’uomo può negare questo concetto che possiede; invece l’animale, che non pensa e non ha autocoscienza, non ha la possibilità di farlo.

5

Noi siamo soliti pensare che i doveri che ci obbligano siano quelli verso gli altri: cercare di aiutare chi è in difficoltà, amare il prossimo, ecc… Ovviamente tutti doveri, questi, che sono indiscutibilmente tali. Ma non sono gli unici doveri.

6

Prima di questi ne viene un altro. Un dovere che dobbiamo all’intelligenza che ci è stata data in dono. E’ il dovere di riconoscere il vero Dio e la sua Verità. Un dovere che che ci fa adempiere la virtù della religione e della giustizia: dare a Dio ciò che è di Dio, cioè riconoscerlo e renderlo Signore della propria vita.

7

Quando il filosofo Adorno (1903-1969) dice in Minima moralia che “…l’intelligenza è una categoria morale”, lo dice ovviamente dalla sua prospettiva filosofica assolutamente non condivisibile, che è quella tipica della Scuola di Francoforte; ma, prescindendo da questo, è interessante come un pensatore, che non riconosce ciò che è Vero, dica che l’intelligenza e il suo esercizio si pongano in una dimensione non solo intellettuale ma anche morale. Infatti è così.

8

E Dostoevskij afferma giustamente che “… ci vuole qualcosa di più che l’intelligenza, per agire in modo intelligente”. Ovvero ci vuole un’adesione che faccia sì che l’intelligenza si trasformi in comportamento intelligente.

9

Fare una maratona e fermarsi anche un centimetro prima, è impresa che si risolve nel nulla. Petri fece tanta fatica, per poi vedersi sfilare la vittoria.

10

Per non fare la fine di Petri… bisogna che l’impresa dell’intelligenza si completi in un comportamento …intelligente, cioè riconoscere il vero Dio e adorarlo.

Al Signore Gesù

Signore, Tu mi hai donato l’intelligenza, fa che la possa davvero onorare.

Non voglio essere intelligente secondo il mondo, bensì secondo il tuo volere.

Sapere tante cose e non amarti è la più grande offesa che si possa fare all’intelligenza.

Alla Regina dello Splendore

Madre, Lucifero aveva ricevuto da Dio un’intelligenza sopraffina, ma egli ha fatto la fine che ha fatto perché non l’ha utilizzata come doveva.

Tu, umile fanciulla di Galilea, con la tua incommensurabile grazia (gratia plena) e con il tuo fiat, sei divenuta Sedes sapientiae.

E io voglio nutrirmi solo con la tua intelligenza, non quella dei cosiddetti sapienti del mondo.

Perciò mi riprometto di essere sempre accanto a te.

Madre, accompagnami nel cammino di questo giorno.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


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