Più ci vergogneremo del Vangelo, più dovremo rendere conto al Signore di come vivono i giovani oggi

Recenti fatti di cronaca (le rise tra adolescenti a Roma e a Venezia) ci costringono a tornare sulla questione giovanile e sulla diffusione dell’uso di droghe. Tanto in merito al suo uso, ormai incontrollato per quantità e fasce di età, quanto per come tanti giovani, pur di procurarsela e di guadagnare tanto, si rendono strumenti del suo commercio.

Si pensa che alla base di questo sfacelo ci sia la mancanza di lavoro per tanti giovani. Ma è davvero così?

Che il lavoro sia importante è indubbio. Importante per la realizzazione esistenziale; ma importante anche per l’ordine da dare alla propria vita. Quanti giovani scambiano il giorno con la notte perché non hanno un impegno, degli orari obbligati…

E’ indubbiamente vero che la mancanza di lavoro sia causa di malesseri sociali. Ma si tratta -ci sembra opportuno sottolinearlo- di una causa molto relativa.

Poniamoci questa domanda: può un giovane delinquente convertirsi ad un lavoro che lo costringerebbe ad alzarsi presto la mattina, ritornare tardi alla sera, per guadagnare in un mese quello che può guadagnare in poche ore di un giorno solo? Se questo avviene è perché qualcosa nel cuore di questo giovane è cambiato, ma è cambiato perché è accaduto qualcosa, non certo perché lo ha mandato a chiamare l’ufficio di collocamento.

Tutto parte da una grande questione: una risposta al mistero della vita.

Ogni qual volta si elude questa questione aumenta inevitabilmente il degrado sociale, perché l’uomo, non sapendo più chi è, sperimenta unicamente la sollecitazione al potere, alla sopraffazione e al possesso.

 Sapere che c’è un giudizio per ogni azione, e un premio o un castigo nell’eternità, spinge l’uomo ad un criterio di azione e soprattutto a ritenere che la vita non è fatta per accumulare o per sopraffare. Infatti, se non c’è il giudizio di Dio, perché sacrificarsi? Perché ubbidire? Perché rinunciare al potere?

La domanda chi è Dio è la domanda fondamentale: è la madre di ogni domanda. E’ la questione che è alla base di tutto: senza Dio, l’uomo si bestializza. In un celebre romanzo di Solzenicyn si racconta di un papà che dalla campagna accompagna la figlia in un collegio di una grande città. Al ritorno, si accorge che tra le tante domande poste alla direttrice del collegio si era dimenticato di farle la più importante: se credesse in Dio. Da qui parte tutto.

Ed ecco perché non dobbiamo illuderci né soprattutto ingannarci. Se oggi tanti ragazzi preferiscono delinquere, è perché non c’è una proposta seria di vita da seguire. Una proposta che non scada nelle pastoie dell’eticismo e del moralismo, ma che si imponga come Presenza.

“Imponga come Presenza”, cosa significa?

Che Dio è presente in quanto giudizio e in quanto destino.

In quanto giudizio: una volta si diceva ai bambini al catechismo: “Attento, che Dio ti guarda.” Che straordinaria sapienza di verità! E’ infatti così, se Dio è Dio, Egli non può che osservarci e attendere che noi siamo perfetti come Lui è perfetto: “Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che è nei cieli.” (Matteo 5,48)

In quanto destino. Una volta si diceva che il compito di ogni uomo è conoscere, amare e servire Dio… per poi goderlo in Paradiso. Ecco la soluzione: la felicità piena ci attende e, se deve essere conquistata, vale la pena qualsiasi sacrificio e qualsiasi restrizione.

Venuto a mancare questo Annuncio, ha trionfato la corsa al potere e alla sopraffazione. La logica è logica.

Ed ecco perché noi cattolici non siamo esenti da responsabilità, perché abbiamo rinunciato a dire queste cose. Ci siamo vergognati del Vangelo!

Un giorno noi cattolici dovremo rendere conto al Signore di come vivono i giovani oggi.

Dio è Verità, Bontà e Bellezza

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