Il Catechismo di San Pio X commentato per voi (n.86)

Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini

Domanda: Che fece Gesù Cristo nella sua vita terrena?

Risposta: Gesù Cristo, nella sua vita terrena, c’insegnò con l’esempio e con la parola a vivere secondo Dio, e confermò coi miracoli la sua dottrina; finalmente per cancellare il peccato, riconciliarci con Dio e riaprirci il Paradiso, si sacrificò sulla Croce, “unico mediatore tra Dio e gli uomini” (1Tim 2, 5)

L’esempio è elemento importantissimo nella vita di un cattolico. È, forse, ancora più decisivo dell’esposizione della fede fatta a voce o per iscritto. È d’altronde evidente che una discrepanza tra la vita privata e quello che si dice provoca la perdita della fiducia da parte degli altri che seguono gli stessi princìpi.

Gesù con la Sua vita terrena ci insegna proprio questo: l’importanza di vivere secondo Dio, quindi rispettando la Sua volontà, prima con l’esempio e poi con la parola.

Nella Scrittura, infatti, leggiamo che San Luca ricorda che nel suo Vangelo ha raccontato “di tutto quello che Gesù fece e insegnò dal principio” (Atti 1, 1). Non è un caso l’ordine dei due verbi, prima “fece” e poi “insegnò”. Nonostante Cristo, in quanto Dio, fosse già a conoscenza di tutto (v. n. 9) e non avesse bisogno di “pratica”, stette i primi trent’anni di vita a Nazareth, con i genitori, ad imparare con umiltà un mestiere, a praticare la dottrina e le virtù. Solo per pochi anni, gli ultimi, della Sua vita insegna.

Nella vita pubblica “fece conoscere le verità necessarie a credersi, le virtù da praticare, la legge divina da osservare per vivere secondo Dio” (Dragone).

Tutto quanto da Lui insegnato, in primis il Suo essere Dio, fu confermato da un gran numero di miracoli, di cui, tra l’altro, quasi certamente conosciamo solo alcuni, quelli raccontati nei Vangeli. Il segno esteriore dato dai miracoli serviva a che tutti credessero (v. Gv 19, 35).

Alla fine della Sua vita terrena, Nostro Signore, con il Suo Sacrificio sulla Croce, riaprì il Cielo, soddisfece e riparò in favore dell’uomo il peccato originale.

Gesù, infatti, “unico mediatore tra Dio e gli uomini” (1Tim 2, 5), era l’unico che potesse compiere quest’opera di riconciliazione: l’offesa del peccato originale era stata di un valore infinito, visto che la gravità di un’azione si valuta in base al soggetto che la subisce, ed in questo caso l’offesa era a Dio, Essere infinito ed eterno. Così alcuna azione umana, di qualsiasi grandezza, avrebbe potuto pareggiare l’offesa, serviva Chi fosse al pari di Dio, serviva Dio.

Si devono approfondire due elementi.

Il primo è quello relativo alla riapertura del Paradiso: il Sacrificio di Cristo non fa sì che si vada di certo in Paradiso indipendentemente dalla propria vita. Si deve innanzitutto essere battezzati (Mc 16, 16) ed in stato di grazia al momento della morte. Si dice, infatti, che Gesù si è sacrificato per tutti, ma non tutti corrisponderanno a questo Sacrificio.

Il secondo elemento è quello relativo alla Corredenzione di Maria.

La frase di San Paolo citata da San Pio X e vista dagli avversari della Corredenzione come la prova a loro favore, afferma solo che Cristo è l’unico Mediatore diretto tra Dio e l’uomo, non che non ce ne possano essere altri in via secondaria e dipendenti da Lui.

Non c’è alcuna diminuzione di Cristo o, se sembra più chiaro, alcuna “deificazione” di esseri umani nell’affermare questo. Non c’è nemmeno alcuna sconvenienza: Dio è libero di decidere di far partecipare alla Redenzione (si ripete: in via secondaria e dipendente) chiunque voglia.

Maria è con certezza la mediatrice di tutte le grazie, ossia colei tramite la quale gli uomini ricevono le grazie divine: come sulla terra, infatti, Gesù con amore concede a lei tutto quel che Gli chiede.

Si premette che è assolutamente complicato poter esaurire un tale argomento nelle poche righe di un commento. Si rimanda, dunque, a testi ed autori di più forte autorevolezza. In questo contesto si nota solo un semplice elemento. La certezza che Maria sia anche Corredentrice è dato dalla sua partecipazione attiva, remota (il fiat) e prossima (la compassione durante la Passione e la Morte del Figlio) all’opera di Cristo.

Seppur ancor non definita, quindi non dogma ufficiale, “si tratta di una tradizione ben radicata che è stata ripresa e sviluppata da diversi papi suoi (di Francesco, ndr) predecessori, almeno prima del Vaticano II” (clicca qui)

Tra le altre cose, quasi tutti gli ultimi Papi pre Concilio Vaticano II si sono pronunciati in modo da rendere chiaro questo concettoPio XI usa proprio il termine “corredentrice”: “O Madre di pietà e misericordia, che assistetti il ​​tuo dolce Figlio mentre compiva sull’altare della Croce la Redenzione dell’umanità come corredentrice e associata dei suoi dolori, mantieni in noi e aumenta ogni giorno, ti chiediamo, i preziosi frutti della sua redenzione e della tua compassione” (preghiera presente nel messaggio ai pellegrini di Lourdes per il Giubileo della Redenzione, 29.4.1935). E lo aveva già usato nel Discorso ai pellegrini di Vicenza (30.11.1933).

Ringraziamo ogni giorno Nostro Signore per l’infinito Amore per noi da Lui dimostrato con il Sacrificio sulla Croce e con l’averci donato Maria Santissima, impegnandoci a ricambiare con tutte le nostre forze.

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