SOSTA – Il Rito Tradizionale della Messa fa cadere nel formalismo? No. E’ quello Nuovo a farlo

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Chi è in contatto con i ragazzi spesso avrà ascoltato obiezioni come queste: Perché la Messa è una ripetizione meccanica di formule? Perché bisogna dire sempre le stesse cose? Perché si deve cadere in un ritualismo che porta ad una sorta di inaridimento, piuttosto che sentire interiormente ciò che si deve fare? Insomma, si rivendica spontaneità e adesione interiore, piuttosto che uniformarsi a qualcosa.

E’ ovvio che si tratta di obiezioni improprie. La risposta giusta da dare è che il rito è legittimamente ripetitivo (deve esserlo) perché la Messa è riattualizzazione di un Avvenimento: il Sacrificio del Calvario. Così come è altrettanto vero che bisogna che ci sia un’actuosa partecipatio (partecipazione attiva) che preveda anche, ma non solo, il rispondere vocalmente.

L’importante è trovare un equilibrio tra la dimensione formale e quella interiore, tra la partecipazione vocale e quella interiore e contemplativa.

Ebbene, anche in questo la Messa del Rito Romano Antico è più rispondente al vero. Essa infatti richiede sì di rispondere con molta parsimonia e delicatezza, ma soprattutto invita il fedele a contemplare e a pregare intimamente.

Nel Nuovo Rito c’è invece una prospettiva quasi “ansiogena”: bisogna necessariamente rispondere. Gli spazi di silenzio sono ridotti al minimo, per non dire totalmente assenti. E, se non si risponde, quasi si crede di non partecipare adeguatamente.

Insomma, a differenza di ciò che si dice, a spingere al formalismo è il Nuovo Rito, non quello Tradizionale.

Ed anche per questo la Messa Tradizionale è più giovanile. Anzi è eternamente giovane: Introibo ad altare Dei. Ad Deum qui laetificat juventutem meam, ovvero: Mi accosterò all’altare di Dio. A Dio che dà letizia alla mia giovinezza.


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