Giovannino Guareschi come ci fa capire che la famiglia è un capolavoro di Dio?

Guareschi ci tiene a rilevare la realtà come “dato”, cioè come qualcosa che s’impone così come è e che quindi non è alla mercé di teorizzazioni o astrazioni. Non forzando più di tanto, possiamo dire che Guareschi sia una sorta di “Vico” della letteratura: il vero non è ciò che è certificato dalla mente, ma ciò che si pone come dato e come fatto. Ciò ovviamente vale per tutto, vale anche per la società, che non va inventata, ma che esiste in natura con caratteristiche ben precise. Tra queste, la centralità della famiglia.

Il tema dell’importanza della famiglia è fondamentale nella poetica dello Scrittore della Bassa. Affari di borsa (nella raccolta Il decimo clandestino) è il racconto dell’attenzione femminile che si ancora al vero, a quel vero che impietosamente sfugge alla distratta comprensione di chi è preso dagli affari e dalla carriera. Il protagonista trova nella famiglia la salvezza del suo lavoro. Egli credeva che la famiglia potesse danneggiare la sua professione. E invece è il contrario: è proprio la famiglia che salva il suo lavoro. E’ l’attenzione di una moglie, che egli credeva incapace a capire le dinamiche della sua attività, e la vivacità di una figlia a ricondurlo a ciò che veramente conta nella vita. Ma vediamo cosa narra questo racconto.

Un imprenditore, tutto preso dai suoi affari, aveva una moglie e una figlia di nome Celestina. La fanciulla frequentava la prima media e voleva che il papà le desse più attenzioni, ma –come detto- questi era troppo preso dal suo lavoro. Riuscì a farsi regalare una borsa come quella del genitore che, per evitare che si confondesse, personalizzò con un fiocco rosso sul manico.

Lui non se ne accorse nemmeno. Celestina glielo disse: -Oggi la mamma mi ha comperato una borsa come la tua. Ma lui le diede retta solo quel minimo che bastava per poterle rispondere: -Ah brava: speriamo che ci sia dentro la voglia di lavorare che c’è nella mia. Il padre di Celestina non poteva occuparsi e preoccuparsi di quisquilie familiari: siccome lavorava nell’industria e negli affari, quand’era nel suo stabilimento pensava all’industria e, quand’era a casa, pensava agli affari. La signora, ogni tanto, gli faceva notare che sarebbe stata molto carino se egli avesse trovato qualche ritaglio di tempo per pensare anche a sua moglie e a sua figlia: ma lui aveva pronta la risposta: -E per chi lottò? Forse per me? Non lavoro, forse, per procurare a te una vita tranquilla e un avvenire sicuro a nostra figlia? Allora la signora lasciava perdere non perché le mancassero gli argomenti, ma perché ne aveva troppi.

Ma la fretta di concludere un affare che riteneva importantissimo gli fece scambiare la borsa. Prese quella della figlia e si recò ad un appuntamento decisivo per il suo futuro.

In realtà c’era ben poco da ridere: là, nell’ufficio dello stabilimento, ogni cosa s’era svolta con regolarità cronometrica. Dopo quindici minuti l’ingegnere era arrivato trovando praticamente tutto pronto e, al momento di firmare l’accordo, Lui aveva ricapitolato: -Come s’è detto giovedì, coprirò l’ammontare con solo cinquanta milioni liquidi e i titoli al portatore che adesso controller… Così dicendo aveva messa sul cristallo del tavolo la borsa e l’aveva aperta perdendo l’uso della parola prima ancora d’aver finita la sua proposizione. Gli altri lo considerano preoccupati. -C’è qualcosa che non va? –s’informò l’ingegnere cautamente. Non c’era niente che funzionasse e Lui lo dimostrò balbettando: -Questa non è la mia borsa! Io ieri pomeriggio ho ritirato personalmente alla banca i titoli, un assegno di cinquanta milioni e, in più, il danaro per le buste paga. Personalmente li ho messi nella borsa portandola poi direttamente a casa. Non è possibile! Lui non riusciva a capacitarsi che qualcuno avesse potuto raggirarlo in tal modo e prese a tirar fuori dalla borsa gli oggetti in essa contenuti, mostrandoli agli attoniti signori della società idroelettrica e lasciandoli cadere sul cristallo del tavolo dopo averli, uno per uno, qualificati, con voce nella quale vibrava stupore, incredulità e orrore: -Giornali illustrati, un’arancia, due pagnottine, un pacchetto di figurine, una pistola di plastica, un fischietto, una scatola di matite colorate, gomma di masticare, un pettine, uno specchietto, un pugnale… -Coltello da caccia- rettificò l’ingegnere. -Noccioline americane- continuò con voce assente Lui –un succhiello e cartaccia! Mentre diceva “cartaccia”, rovesciò il contenuto della borsa sul tavolo e l’ingegnere pescando qualcosa nel mucchio lo studiò e poi disse a Lui: -Questa sembrerebbe la sua fotografia signor Bozzotti. Non conosco la signora che è con lei. -E’ mia moglie! – spiegò Lui dopo aver preso visione della foto. -Complimenti- si rallegrò l’ingegnere porgendogli qualcosa d’altro- -Se non ho letto, questo sarebbe un quaderno appartenente a Celestina Bozzotti – prima media Sezione B. Allora Lui si ricordò improvvisamente di conoscere una certa Celestina Bozzotti e, fatta mente locale, riuscì a stabilire di chi precisamente si trattasse: -E’ mia figlia! – gridò. Così gli venne anche in mente l’accenno alla borsa uguale alla sua. Afferrò il telefono e gli rispose la signora in persona: -La Celestina!- ansimò Lui. –Dov’è la Celestina? -E’ andata a scuola – spiegò la signora. -Con la borsa? -Certo. Con che doveva andarci, con un armadio? Lui tagliò corto: -Se torna, non si muova di lì per nessuna ragione. Riagganciò e disse ai signori della società idroelettrica: -Ha una borsa uguale alla mia. E’ chiaro: c’è stato uno scambio. Il tempo di fare un salto fino a scuola e tutto andrà a posto.

Intanto Celestina, che, poverina, era stata espulsa dall’aula da una professoressa che non aveva voluto credere alla storia dello scambio delle borse e che credeva che la fanciulla non avesse svolto i compiti a casa, era scappata dalla scuola e stava chissà dove. L’uomo decise di utilizzare un taxi per trovare la figliola percorrendo la campagna. Ad un tratto un gruppo di banditi bloccarono l’auto e, armi in pugno, si fecero consegnare la famosa borsa credendo che in essa vi fosse un ben-di-Dio e non cianfrusaglie di una bambina. Prima di allontanarsi decisero di mettere fuori uso il motore del taxi. E così il poveruomo dovette farsi a piedi il tragitto che lo separava dallo stabilimento dove lo attendevano i signori della società idroelettrica con cui avrebbe dovuto concludere l’affare.

Lui dovette farsi a piedi quasi un chilometro per raggiungere lo stabilimento: e quando si ritrovò davanti ai signori della società idroelettrica, pur essendosi sbarbato colo rasoio X e con la crema Y, non aveva quel viso fresco che è il segreto del successo del ’93 per cento degli uomini d’affari. -Le è successo qualcosa? – s’informarono. -I rapinatori- ansimò lui. –Sul viale a novecento metri da qui. Quattro, con le pistole. Mi hanno rubato la borsa. Quelli erano uomini d’affari, gente positiva che non ama i romanzi d’avventura. Inoltre non avevano tempo da perdere. Dissero con un certo sorriso: -Abbiamo capito perfettamente, signor Bozzotti. Provvederemo altrove. Lacerarono i contratti e se ne andarono.

Ma una notizia avrebbe fatto capovolgere la situazione …

Non uscì neppure per far colazione: mangiucchiò qualcosa in ufficio e, all’una del pomeriggio, quando la moglie gli telefonò spiegandogli che Celestina era tornata a casa con la borsa contenente “tutto”, lui non ebbe nemmeno la forza di rallegrarsi, tant’era stanco. E poi, comunque fosse andata, il “colpo grosso” era sfumato. Aveva perso l’autobus. Rincasò per l’ora di cena e trovò la moglie molto eccitata: i giornali del pomeriggio portavano diffusamente la notizia della rapina con tanto di fotografia dell’autista e della località dove il crimine si era svolto. Roba d’archivio, presa in una smagliante giornata di sole, il che permetteva di vedere, sullo sfondo, lo stabilimento Bozzotti con le ciminiere svettanti nel cielo chiaro. (…) -T’è andato male qualche affare? –s’informò la signora. -Certo! –gridò Lui. –Il migliore affare della mia vita. Potevo entrare in una combinazione straordinaria. Una società idroelettrica… Tu non puoi capire. -Capisco benissimo –replicò la signora.- Ho letto la bozza dell’accordo e so tutto. Era nella borsa assieme ai titoli e all’assegno di cinquanta milioni. Volevi fare il colpo grosso, è vero? (…). Per troncare la discussione accese la radio e finse di interessarsi al notiziario. Le solite cose: arrivi e partenze di ministri, conferenze, inaugurazioni, danni del maltempo, eccetera. Eccetera fino a un certo punto perché il radiocronista, per le ultimissime, diede una notizia molto grave: una diga di sbarramento, per lo sfaldarsi improvviso della roccia cui si appoggiava, aveva ceduto e le acque avevano distrutto, oltre alla centrale elettrica in via di rifinitura, mezzo un paese, sgombrato fortunatamente in tempo. Lui rimase senza fiato perché si trattava proprio della “sua” diga, e la signora ne approfittò per dirgli: -Il migliore affare della tua vita! Se non ci fosse stato un miracolo, ora avresti perso tutto il tuo e anche qualcosa degli altri. Fu un colpo duro per Lui e lo lasciò un bel pezzo senza parola. Ma, infine, la gioia per lo scampato pericolo l’eccitò: -I titoli! –esclamò- Ho bisogno di vederli, di toccarli!

Poi la conclusione capolavoro:

Rimase oscuro un punto solo della complicata vicenda: come mai il fiocco rosso aveva potuto passare dalla maniglia della bosa di Celestina a quella della borsa paterna? Si possono avanzare parecchie ipotesi: per me, l’unica attendibile è quella di un accordo fra l’Angelo Custode di Lui e l’Angelo Custode di Celestina. Amici, quando in una storia potete mettere un tocco di poesia, non esitate. Non immiseritela, come nelle vecchie farse, ripiegando sull’astuzia d’una moglie o sulla sbadataggine d’una serva. Noi abbiamo bisogno di credere in un mondo migliore che, purtroppo, non può essere di questo mondo e, allora, bisogna chiedere aiuto al Cielo.

E cos’è la famiglia se non un capolavoro di Dio?


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