LA SOSTA – Scoperta dopo 10 anni l’origine di un misterioso segnale cosmico. Facciamo alcune importanti riflessioni.

 

L’ansa.it ci dà notizia che è stata scoperta dopo 10 anni l’origine di un misterioso segnale cosmico.

Con ogni probabilità si tratta di un segnale proveniente o da una stella o da un buco nero.

Fin qui, nulla di particolare.

Ciò che però colpisce persone incompetenti come noi sono due cose.

Da una parte la distanza da cui è provenuto: ben trenta miliardi di anni luce (ripetiamo: trenta miliardi di anni luce!), dall’altra l’esiguità del segnale: pochi millisecondi.

E allora ci vengono spontanee alcune riflessioni.

La prima: l’enorme sproporzione tra la grandezza quasi incommensurabile della distanza (trenta miliardi di anni luce) e la piccolezza, di fatto impercettibile, della durata del segnale (non pochi secondi, ma addirittura pochi millisecondi). Ciò ci fa ancora una volta capire il mistero del tempo e dello spazio in relazione all’infinito. Qualcuno, per esempio, potrebbe fare questa obiezione: ma perché Dio ha fatto l’universo così grande se con ogni probabilità ci siamo solo noi? E poi: può Dio, che ha creato l’universo di tale grandezza, interessarsi di noi che siamo insignificanti e impercettibili rispetto alla maestosità del creato? Ebbene, la risposta sta proprio meditando sulla sproporzione che mettevamo in evidenza prima. Il segnale intercettato viene da una lontananza di trenta miliardi di anni luce e dura appena pochi millisecondi. Dunque, in relazione all’infinito di Dio è infinitamente piccolo il millisecondo, ma è altrettanto infinitamente piccola una distanza di trenta miliardi di anni luce. E ancora: Dio mantiene nell’essere una distanza di trenta miliardi di anni luce, così come mantiene nell’essere un segnale di pochi millisecondi. Ecco perché, caro pellegrino, si interessa di me e di te.

La seconda riflessione riguarda la nostra grandezza. L’intelligenza umana ha la capacità di scoprire ciò che è partito trenta miliardi di anni luce fa e ciò che dura pochi millisecondi. Si tratta, pertanto, di un’intelligenza che va ben oltre il nostro essere, la nostra dimensione, i nostri limiti, la nostra precarietà. Cosa ci vuole per morire? Nulla. Eppure noi uomini siamo capaci di conoscere ciò che sfonda prepotentemente il tempo e ciò che quasi annulla totalmente lo spazio …e poi dicono che l’uomo non ha un’anima immortale!

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