SOSTA – Perché lo “spirito” di “Amoris laetitia” non si può accettare?

  1. Il documento Amoris Laetitia ha un passaggio che apre alla possibilità di ricevere l’Eucaristia da parte di cosiddetti “divorziati risposati” che decidessero di continuare a convivere come marito e moglie e non in stato di continenza completa, come indicato dalla Familiaris Consortio di Giovanni Paolo II per quelle unioni che dovessero formalmente rimanere tali per la crescita dei figli.
  2. Questo scenario apre a due possibilità da cui non si scappa. Due scenari in cui viene lesa la Legge Divina. 1) O il matrimonio che ha subito il divorzio non si deve più ritenere indissolubile. 2) Oppure l’Eucaristia può essere ricevuta anche in stato di peccato. Ma la Legge divina implica tanto l’indissolubilità del matrimonio quanto la necessità di ricevere l’Eucaristia in stato di grazia. Dunque, tanto in un caso quanto nell’altro c’è un’evidente ferita alla Legge Divina, legge che non è nelle disponibilità di chiunque, nemmeno del Papa.
  3. Ovviamente Amoris Laetitia poggia su un assunto della teologia morale sofisticato ma vero. A dimostrazione che i pericoli sono spesso nei dettagli più indiscussi e indiscutibili. Tale documento è, infatti, pervaso dal richiamo alla differenza tra stato oggettivo e stato soggettivo di peccato, affermando che non a tutte le situazioni oggettive di peccato corrisponde uno stato soggettivo di colpa. Il che è verissimo. Ma quando? Per i singoli peccati, non per gli stati di peccato. Vediamo perché. Volendo ipotizzare che Mario e Teresa (divorziati risposati) abbiano iniziato la loro relazione senza piena consapevolezza della gravità e che da questa siano nati dei figli che esigono vicinanza ed educazione, una volta che Mario e Teresa decidessero di avvicinarsi alla Fede devono o non devono essere adeguatamente informati? E quando saranno informati sugli impegni della vita cristiana, come potranno più avvalersi di tale inconsapevolezza?
  4. Amoris laetitia si fa in un certo senso ancora più problematica quando si appella all’impossibilità di vivere in continenza, pena il non alimentare l’amore tra i conviventi. Ma di quale amore si parla? Dio può dunque volere atti intrinsecamente negativi (unione coniugale quando non c’è il matrimonio) per fini terzi?
  5. Cari pellegrini, la logica è logica. Se poi ci dicono che in questi casi la logica non servirebbe perché ingabbierebbe, allora lo dicano chiaramente e sarà un libera tutti!.. come al nascondino. Chi non vuole più essere cattolico ha la libertà (naturale e non morale!) di farlo, ma è nel nostro diritto rivendicare  la libertà di continuare ad essere cattolici. E non si può rompere la comunione con 2000 anni di storia della Chiesa!

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