RICORRENZA 21 OTTOBRE: Sant’Ilarione di Gaza (291-372)

da santiebeati.it

Questo santo eremita nacque da genitori pagani verso il 291, a Tabata, piccola città della Palestina.

Fu mandato ancor fanciullo ad Alessandria d’Egitto per compiere gli studi, e si distinse per vivacità d’ingegno e integrità di costumi.

Rapidi furono i progressi nelle scienze umane: non meno rapido fu l’avanzamento nella pratica delle cristiane virtù, allorché conosciuta la vera religione si convertì al Cristianesimo.

Avido di udire la divina parola, fu sempre sollecito nell’intervenire alla sacra predicazione e nell’assistere ai divini uffici.

Nauseato della vita licenziosa in Alessandria e mosso dall’ardente desiderio della perfezione cristiana, abbandonò quella città per recarsi in Tebaide presso sant’Antonio abate.
Fu a quella scuola che apprese vivo amore alla solitudine, all’orazione e alla penitenza. Ma il grande concorso delle persone che venivano ad Antonio per ammirarne la santità o riceverne consiglio presto lo annoiò; sicchè, abbandonato quel luogo nel 307, fece ritorno al tetto paterno, dove, con suo profondo dolore apprese della morte degli amati genitori.

Privo ormai d’ogni umano conforto si abbandonò totalmente nelle mani della Divina Provvidenza e donata parte dei suoi beni ai fratelli e parte ai poveri, lasciò definitivamente la casa paterna, per ritirarsi a Maiumma, luogo solitario della Palestina.

L’ardore con cui si diede alla vita monastica, cambiò quel deserto che fin allora era stato un covo agli assassini, in un’oasi di santi uomini, che da lui diretti, eressero diversi monasteri.

Interrogato il Santo da alcuni malviventi sul come si sarebbe comportato qualora i ladri l’avessero assalito, rispose: “Un uomo povero e nudo non teme i ladri”. “Ma ti potrebbero togliere la vita” soggiunsero. “Questo è vero, replicò il Santo, ma io non temo la morte, perché sono sempre apparecchiato a ben morire”.

Mirabilmente soggiogò le sue passioni con la preghiera e con le continue e aspre penitenze, riducendo all’ubbidienza della volontà il corpo ribelle.

Spendeva i suoi giorni unicamente nel servizio del Signore, alternando la preghiera e la contemplazione con lo studio delle Sacre Scritture e il lavoro manuale.

Vestì molto poveramente e si cibò sempre di erbe e di pochi fichi: solo negli ultimi mesi fu costretto a prendere un po’ di minestra.

Nonostante le macerazioni e le mortificazioni che infliggeva al suo corpo, toccò la bell’età di 80 anni.

Scrive san Girolamo che prima di rendere l’anima a Dio, il vecchio steso in terra su di una rude stuoia, sorpreso dal timore del giudizio, andasse ripetendo a se stesso: “Di che temi o anima mia? Perché ti conturbi se per quasi settant’anni hai servito il tuo Signore?”.

A Pafo, nel 372, il Signore lo chiamò a ricevere il premio. Il suo corpo glorioso fu dal discepolo Eusebio riportato al monastero di Maiumma.

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