SOSTA – 14 aprile: San Giustino martire… un santo importante per chi s’impegna nell’apologetica

Da Mille Santi del giorno di Piero Bargellini


Il giovane Giustino amava la filosofia, perché sperava di giungere, attraverso quella nobile scienza, al possesso della verità, e quindi della felicità. Egli stesso narra nei suoi scritti come passasse da una scuola all’altra, sempre desideroso di possedere la verità e sempre deluso. Rifiutò l’Epicureismo, che non gli sembrò degno di studio, ma fu prima stoico, poi peripatetico, poi pitagorico, poi platonico. Nessuna di queste filosofie lo rese certo di una verità, né lo rese felice. Si ritirò allora in un luogo deserto, in riva al mare, per riflettere e meditare. Un giorno incontrò un misterioso vecchio, al quale narrò la sua storia e confidò la sua delusione. Nessuna filosofia aveva appagato il suo spirito desideroso di una certezza. Il vecchio allora gli disse che la ragione umana può giungere fino a un certo punto, oltre il quale, per entrare nel pieno possesso della verità, occorre l’aiuto divino. Gli consigliò di leggere i Profeti e di avvicinare i credenti in Gesù Cristo. Fu così che Giustino, a trent’anni, trovò nel Cristianesimo la sospirata e l’agognata felicità. Non rinnegò per questo la filosofia, perché la ragione è un lume che Dio ha dato agli uomini. Capì però che la ragione rimane impenetrabile alla verità, se la Grazia dello Spirito Santo non la illumina e riscalda. In questo senso scrisse alcune opere, tra le quali due intitolate Apologia, vuol dire ‘addurre ragioni‘. Infatti Giustino, da buon filosofo, adduceva ragioni in favore del Cristianesimo. Egli era diventato cristiano, non rinnegando, ma seguendo la ragione, e ora adduceva questa ragione per dimostrare che nel Cristianesimo era la verità e la felicità. A Roma, dove si era recato, discusse con i filosofi delle varie scuole, sempre sostenendo le ragioni del Cristianesimo, fino a quando un certo Crescenzio, che si diceva filosofo cinico, lo denunziò all’Imperatore. Così Giustino venne chiamato nel 166, con altri cristiani, dinanzi al Prefetto di Roma. Tutti risposero con l’intrepidezza comune ai Martiri, ma Giustino rispose con la fermezza del filosofo che aveva finalmente trovato la verità. “Quale scienza hai studiato?” gli chiese il prefetto. Giustino rispose: “Ho studiato successivamente tutte le scienze e ho finito per fermarmi alla dottrina dei Cristiani.” “E qual é questa dottrina?” incalzò il Prefetto. “E’ la dottrina che i Cristiani seguono religiosamente”, rispose Giustino, scandendo il Credo della Fede. Queste parole significavano la morte e il prefetto di Roma avvertì di ciò il filosofo cristiano, che si dichiarò disposto ad ogni prova, pur di ricevere la ricompensa celeste. “Tu pensi dunque, -gli disse il prefetto-che salirai al cielo, per ricevere questa ricompensa?” “Io non lo penso, -rispose il filosofo- io lo so e ne sono così sicuro da non dubitarne minimamente.” Condotto al luogo del martirio, con gli altri cristiani, fu flagellato e quindi decapitato. La sua testa cadde sotto la spada; la sua testa di pensatore, che aveva voluto conoscere ad ogni costo la verità, di uomo che aveva desiderato la felicità, e ora la conquistava col martirio, nella beatitudine dei giusti e nella gloria dei Santi.


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