ASSOPORANDO… una fonduta valdostana

cheese fondue

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


L’uomo è l’unico essere sulla faccia della terra che cucina. Gli animali no, non lo fanno. Anche in questo l’uomo si distingue. Ciò è il segno che all’uomo non basta solo assaporare, bensì ricerca l’affinamento, cioè il miglioramento del sapore. L’uomo coglie il piacere del gusto e desidera ancor più intensificarlo. E’ l’esito del suo essere collocato in un orientamento in cui tutto concorre per il raggiungimento di un fine attraverso singole tappe. Insomma, un orientamento che è itinerario, dove ogni passo deve essere progressione verso un vero che sia sempre più Vero, un buono che sia sempre più Buono ed un bello che sia sempre più Bello.  


La morbidezza è veramente tale se avvolge.

Non basta una morbidezza che solo attutisca i colpi, occorre qualcosa che vada molto più in là e che possa oltre che attutire anche coprire, perfino abbracciare. Come una di quelle comode poltrone che non solo si adatta al corpo, ma che sembra stringersi intorno ad esso per rigenerarlo.

La morbidezza di una fonduta valdostana ha questa caratteristica.

Il soffice che si avverte al palato non è solo: si accompagna ad un filare del formaggio che resiste ad ogni forchettata.

E’ un filare che genera un legame visivo tra ciò che si sta portando alla bocca e ciò che è ancora presente nel piatto.

E’ la morbidezza che veramente accompagna, quella che non è riconducibile ad un episodio, ma che deve essere individuata, ricercata, scoperta in ogni momento della propria vita.

Il filare della fonduta può anche dare fastidio se troppo insistente, può perfino mettere in difficoltà, ma è utile perché tutto possa essere assaporato con calma, girando più volte la forchetta affinché quel filare possa essere adeguatamente governato e modellato a gustoso boccone.

Nella fonduta anche il difficile si presenta morbido.

Come le prove della vita che il Signore permette: avvolgono, filano fino a sembrare che non si possano spezzare… ma si possono tradurre in morbidezza, se si governano con la “forchetta” di Dio.

Giustamente Chesterton diceva: Gli aghi di Dio sono più soffici dei tappeti degli uomini.


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