BELLEZZA DEL TEMPO – 4 giugno 1961: “Clamoroso al Cibali!”… senza l’umiltà si viene sempre bastonati

di Corrado Gnerre

E’ il 4 giugno del 1961. L’Internazionale del “mago” Helenio Herrera, team che si stava preparando nel giro di pochissimo a divenire la Regina d’Europa, va a giocare contro il modesto Catania, nelle cui file giocava anche un rognoso centromediano, che poi sarà conosciuto da tutti gli amanti italiani del calcio, un certo Bruno Pizzul. Abbiamo utilizzato l’aggettivo “rognoso”, perché nel gergo “pizzulliano” era tra quelli da lui più usati.

Ma torniamo al “Cibali”, stadio della città siciliana. Il radiocronista Sandro Ciotti (figlioccio di battesimo del poeta Trilussa) si collega è dice a tutta l’Italia: Clamoroso al Cibali!, comunicando in tal modo che il modesto Catania stava surclassando lo squadrone nerazzurro, facendo così dissolvere le ambizioni di scudetto della squadra meneghina.

Questa frase è poi divenuta l’emblema della storica trasmissione radiofonica, Tutto il calcio minuto per minuto, anche se vi è da dire che non se ne conserva registrazione sonora. D’altronde -si sa- molte frasi famose sono sì verosimili, ma non sempre sono state pronunciate nel modo come vengono immortalate.

Soffermiamoci su quel “clamoroso“. L’Internazionale con ogni probabilità pensava di fare della squadra rossoazzurra un solo boccone. Cosa che non fu. Come si dice: andò per pifferare, e rimase pifferata. Il tecnico nerazzurro Herrera, dopo la vittoria all’andata per ben 5-0, era arrivato a definire la compagine etnea: “Una squadra di postelegrafonici“.

Non sappiamo se di fatto la debacle nerazzurra fu dovuta a questo, ma, al di là di spiegazioni che non conosciamo, possiamo dire che senza l’umiltà non si va da nessuna parte. Guai a sottovalutare l’avversario! Accade in tutti gli sport, a maggior ragione può accadere -e accade- nel calcio, la cui bellezza sta proprio nel fatto che basta poco, molto poco, per decidere una partita a proprio favore; e dove le differenze riconosciute teoricamente, sul prato verde (cioè praticamente) non sempre vengono fuori con chiarezza.

Ma succede anche e soprattutto nella vita. E meno male! Si tratta -diciamocelo francamente- di una una grande pedagogia di Dio. Golia andò baldanzoso in battaglia, vide il piccolo Davide e lo derise. E il risultato fu quello che fu.

Si può avere la forza che si vuole, si possono possedere tanti e ottimi talenti, si può utilizzare tutta la maestria possibile ed immaginabile, ma se non ci si pone nella dimensione giusta, che è quella dell’umiltà, si viene prima o poi bastonati.

Perché l’umiltà è l’unica prospettiva giusta? La risposta è semplice: perché è l’unica prospettiva davvero ragionevole. E ciò per due motivi.

Primo: anche se l’uomo si sente potente e capace, è sempre infinitamente meno potente e capace di Dio, che rimane comunque Signore della Storia e di tutto. Possiamo crederci chissà chi, ma alla fine il tempo trascorre senza che possiamo farci nulla. Ci ammaliamo senza che possiamo farci nulla. Moriamo senza che possiamo farci nulla.

Secondo: tutto ciò che l’uomo ha di grande e di talentuoso non è di sua proprietà. Ciò che possediamo non lo possediamo per nostre capacità, ma per dono. E questo dono ha dei diritti, nel senso che obbliga ad essere riconosciuto come tale. Per cui va tutelato e conservato con umiltà. Dio così come dona, può anche togliere.

Stiamo dunque attenti, perché anche nella nostra vita non accada un …Clamoroso al Cibali!

Dio è Verità, Bontà e bellezza

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