5 agosto 1914: In Ohio s’inaugura il primo semaforo elettrico. Uno strumento che demolisce i due più pericolosi errori della modernità

di Corrado Gnerre


La nascita del semaforo.

Il giallo, il rosso, il verde. Colori che dirigono e che s’impongono. Colori che regolano.

Al di là di ciò che può accadere in alcuni contesti dove -per esempio- il rosso viene considerato più un consiglio che un obbligo (così il napoletano Luciano De Crescenzo ironizzava sui Napoletani), c’è una verità che questo strumento ci offre in maniera chiara.

Certo, a dire queste cose si corre il rischio di cadere nella retorica, ma è così: c’è un’evidenza a cui questo strumento richiama.

L’evidenza dell’impossibilità di fare ciò che si vuole, per gli altri e per sé.

Il semaforo dà torto a due pericolosissimi errori.

Dà torto a qualsiasi ideologia d’individualismo libertario. Anche se mi piacesse non fermarmi, anche se avessi fretta, anche se mi scocciasse di attendere, non posso fare ciò che voglio, altrimenti danneggerei gli altri.

Ma il semaforo dà torto anche a qualsiasi deriva dissolutrice dell’individuo, perché anche se mi piacesse non fermarmi, anche se avessi fretta, anche se mi scocciasse di attendere, non posso fare ciò che voglio, altrimenti danneggerei me stesso. Un incidente è un incidente; e in un incidente si fanno male tutti, chi non ha colpa, ma anche chi ce l’ha.


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