LA SOSTA – Dobbiamo chiedere scusa ai giovani perché li abbiamo privati del lavoro o perché li abbiamo privati della Speranza?

I contenuti delle omelie di molti vescovi e sacerdoti riguardano sempre più la disoccupazione, le morti sul lavoro, la povertà economica di molte famiglie. Tutti temi seri, ci mancherebbe; ma se resi unici e se ritenuti come più importanti ed urgenti, allora vuol dire che qualcosa non va.

Soffermiamoci sulla mancanza di lavoro per i giovani. Certamente è una piaga sociale da risolvere con urgenza. Lo è perché conduce a conseguenze antropologiche pericolose; per esempio il darsi ai vizi nell’ozio, al non avere una vita regolare, oppure nei casi più estremi ad offrirsi come manovalanza per gruppi criminali.

E’ vero che la nostra società, cosi come la Chiesa stessa nella sua rappresentanza umana, è debitrice nei confronti dei giovani. Ma perché? Non tanto perché non offra ai giovani opportunità lavorative adeguate, quanto perché li ha privati della Speranza. E l’assenza della Speranza è molto più grave dell’assenza del lavoro. Gesù risponde a Satana in maniera chiara: “Non di solo pane vive l’uomo” (Matteo 4). Il che vuol dire che ci sono cose più importanti: è la logica del “Cercate prima il Regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta” (Matteo 6).

Perché non siamo più capaci dire questo? Perché non abbiamo il coraggio di dire che la piaga più  insopportabile è il peccato, il quale è imparagonabilmente più grave della disoccupazione e di ogni altro problema sociale. Perché non abbiamo il coraggio di dire che è il peccato ciò che rende disperati i giovani, costringendoli ad un fallimento esistenziale che si traduce in alcolismo, sballo, e dipendenza dalle droghe.

Un giorno il re di Francia, san Luigi IX, chiese al Monseigneur de Joinville: Mio maniscalco, che cosa preferisci: commettere un peccato mortale o diventare un lebbroso? Joinville rispose subito: Maestà, piuttosto che diventare un lebbroso, preferisco commettere trenta peccati mortali! E il santo Re lo rimproverò: Hai parlato da uomo insensato perché non esiste lebbra tanto orrenda quanto il peccato mortale. L’anima in peccato mortale assomiglia al demonio, l’essere più brutto di tutte le lebbre. Inoltre, quando il lebbroso muore, guarisce, perché con lui si estingue la lebbra corporale; ma se muore in stato di peccato mortale, la lebbra dell’anima rimarrà attaccata a lui, lasciandolo completamente infermo per tutta l’eternità.

Santa Faustina Kowalska scrive nel suo Diario: (…) ho conosciuto quanto è orribile il peccato. Ho provato tutta la ripulsione per il peccato. Interiormente, nel profondo della mia anima, ho conosciuto quanto è spaventoso il peccato, anche il più piccolo e quanto ha straziato l’anima di Gesù. Preferirei patire mille inferni, piuttosto che commettere anche il più piccolo peccato veniale.

I Santi, hanno il coraggio di dirlo. Noi no. Noi ormai siamo dei cristiani paganizzati. Pensiamo che i problemi socio-economici siano quelli più importanti. E poi abbiamo il coraggio di denunciare la mondanizzazione della Chiesa, ma contraddicendoci, perché non c’è peggiore mondanizzazione che pensare che i problemi più gravi siano quelli …del mondo.


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