Rubrica a cura di Pierfrancesco Nardini
Domanda: Se il peccato mortale rende l’uomo incapace di meritare, è dunque inutile che il peccatore faccia opere buone?
Risposta: Non è inutile che il peccatore faccia opere buone, anzi deve farne, sia per non diventare peggiore omettendole e cadendo in nuovi peccati, sia per disporsi con esse, in qualche modo, alla conversione e al riacquisto della grazia di Dio
Si è ricordato, nel precedente commento, che uno degli effetti nefasti del peccato mortale è quello di perdere la possibilità di meritare con le opere buone.
Il merito in questione è quello soprannaturale. Come si dice in termine tecnico il peccatore non può meritare de condigno. Non può meritare ad esempio la grazia del pentimento (perché è dono soprannaturale). Le opere buone commesse in peccato mortale insomma non aiutano per ottenere la vita eterna.
Si può però dire, ci si passi il termine, che aiutano indirettamente. Le opere buone hanno, infatti, comunque un effetto positivo, anche se fatte da un peccatore, non dando così valore alle affermazioni circa l’assoluta inutilità di queste una volta caduti in peccato.
Si dice in questo caso che merita de congruo, ottenendo comunque degli effetti utili per il ritorno allo stato di grazia.
Gli effetti positivi delle opere buone per il peccatore sono di due tipi.
Permette, intanto, che non si peggiori la situazione. Quel che si sottovaluta, non ricordando la forza del peccato e la sua influenza, è l’effetto negativo sul fedele dell’accumularsi dei peccati. Troppo spesso si pensa che una volta caduti in peccato, commetterne uno in più non cambia la situazione. Non è così: continuare a peccare adagia sempre di più il peccatore nel peccato, ne allenta il senso di orrore per esso e le spinte ad uscirne. “Ripetendo il peccato aumentano le colpe, si accresce sempre di più il debito di pena, si rafforzano sempre più le cattive abitudini che, a loro volta, sono causa di nuovi peccati, sempre più numerosi” (Dragone).
Alla base c’è l’insegnamento di sempre della Chiesa circa gli effetti del peccato nella vita eterna: non solo la pena del danno (la privazione della visione beatifica di Dio), ma anche quella del senso (ossia il fuoco eterno). E il conseguente debito di pena che il peccato accumula a carico dell’anima.
Quest’ultimo concetto significa che ogni peccato comporta un debito da dover pagare che, in sostanza, è quello che decide la permanenza in Purgatorio.
Più peccati si commettono, più debito di pena si accumula, più tempo si passerà in Purgatorio. Ma, anche, più si patirà all’Inferno (anche lì ci sono differenze, infatti).
Le opere buone fatte dal peccatore aiutano, inoltre, ad avvicinarsi al pentimento e, quindi, alla Confessione e al ritorno allo stato di grazia.
Nostro Signore non nega a nessuno che sia ben predisposto la grazia della conversione.
Si prenda l’esempio delle preghiere: si può pensare verosimilmente che, se si è in peccato grave, non abbiano un minimo effetto, non aiutino comunque in qualche modo il peccatore?
Basti pensare che Maria Ss.ma è invocata anche come Rifugio dei peccatori, che significa che corre in aiuto dei peccatori che la invocano, disponendoli alla conversione e indicandogli la via del pentimento, della conversione.
Non avrebbe senso questo titolo (che è “ufficiale”, riconosciuto dalla Chiesa, è inserito nelle Litanie lauretane), se le opere buone (in questo caso la preghiera) non avessero almeno un merito de congruo.
Non ci si deve quindi lasciar andare, nel momento in cui si cade nel peccato mortale, ma si deve immediatamente invocare il nostro Rifugio e iniziare a combattere subito per tornare allo stato di grazia.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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