APOLOGETICA RACCONTANDO – Una novella per il Venerdì Santo

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


Le croci dell’agente Koch

 L’uomo non salva se stesso.  Spendersi per realizzare un mondo in cui sia bandito ogni rimando ad una speranza che vada al di là, è l’assurdo, è la più grande menzogna. L’uomo che pretende di trovare in se stesso la risposta per sé … finisce con l’odiarsi.

Il vecchio Koch era rimasto solo nel suo misero appartamento di Scutari. Le stanze erano umide, disordinate, sciatte. Lui stesso era trasandato, non si curava più. E non perché soleva mendicare per strada (per cui sarebbe stato molto meglio presentarsi in tal maniera piuttosto che curato), ma perché lo riteneva inutile. Un sottile sentimento di autodistruzione era come se lo avvolgesse, come se fosse per lui l’unico e più logico esito di ciò che aveva costruito nella sua vita.

Koch aveva già da un bel po’ di tempo passato i settant’anni. Era stato nei servizi segreti dell’Albania comunista. Un ruolo importante: non quello di controllare eventuali minacce esterne, bensì il contrario, controllare eventuali minacce interne.

Koch era integerrimo e si serviva di ogni espediente. Soprattutto sapeva intercettare alla perfezione le “soffiate” che non raramente arrivavano perfino dall’interno delle famiglie. Succedeva in quegli anni che un nipote denunciasse uno zio o viceversa; e perfino un fratello un altro fratello. Già il possedere un’immagine sacra nel chiuso della propria casa era considerato illegale in quella Repubblica che si vantava di essere l’unico Stato con una costituzione dichiaratamente atea.

L’agente Koch aveva una capacità straordinaria di scovare l’impossibile. Un giorno gli capitò di entrare in un appartamento di un quartiere della sua città. La “soffiata” era arrivata ed era sicura. Gli inquilini non fecero in tempo a togliere dalla parete ciò che dovevano togliere. Koch afferrò un vecchio crocifisso e lo spezzò facendo forza su una sua gamba. Vi erano dei bambini che guardavano senza parole: gli occhi stralunati, meravigliati … senza però piangere. Koch disse: “Lo faccio per voi e per il vostro futuro!

Il futuro era arrivato, e non solo per quei bambini che ormai erano già adulti, ma anche per lui, che ormai era un vecchio che aveva abbandonato se stesso. Di immagini sacre e di croci ne aveva distrutte, ma erano andate in frantumi anche le sue certezze. Tutto era andato in frantumi. Anche il suo appartamento stava irrimediabilmente rovinandosi, quel suo appartamento di cui egli si vantava perché non aveva mai visto entrare nessun simbolo religioso. Adesso: umidità, sporcizia, disordine, trasandatezza.

Il futuro era arrivato, ma era ormai un futuro che lo stava ossessionando. Koch aveva distrutto tutte le croci che aveva trovato, ora ogni sguardo gli faceva vedere una croce. Bastavano due linee intersecanti, ed ecco una croce dinanzi a lui! Aveva distrutto tutte le immagini sacre, gli bastava però vedere una donna con un bambino tra le braccia, ed ecco una madonna dinanzi a lui! Koch non poteva avvertire la paura di impazzire, perché per questo occorre volersi bene; e lui ormai da tempo non se ne voleva più. Né aveva qualcuno per cui avere il desiderio di conservare sana la propria vita.

Era vissuto pensando che tutto fosse nelle proprie mani. D’altronde l’ideologia per cui si era speso lo diceva chiaramente, indicava con precisione solo ciò a cui affidarsi: se stessi. E i risultati erano lì: nel suo fallimento e nel suo odio verso se stesso.


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