Il popolo è ben altra cosa rispetto alla massa. La massa è qualcosa d’informe, che, pertanto, si lascia facilmente plasmare. Il popolo no. Esso ha una sua identità, una sua storia, delle radici. Ha un vissuto che gli permette di giudicare con buon senso il reale. E questo lo conforta di un’eredità: la saggezza. Certo, i popoli non sono uguali; perché le culture non sono uguali. C’è chi ha conquistato il Vero. Chi lo ha atteso. Chi lo ha rifiutato. Chi se ne è allontanato. Ma al di là di questo, ciò che è di natura percepisce il senso delle cose e il mistero del vivere. E, proprio perché Dio ha fatto sì che la natura fosse predisposta all’accoglienza della Grazia, non c’è buon senso popolare che non manifesta questo desiderio; al di là di ciò che la Storia dei singoli popoli partorisce. Ecco perché si può capire l’unicità e la bellezza della Verità Cattolica anche attraverso il buon senso di tutti i popoli.
Andare a sentire l canto delle lavandaie più che un proverbio, è un modo dire. Cosa significa? Alcuni ritengono che si riferisca al canto doloroso dei funerali, quando alcune donne venivano chiamate presso il defunto perché intonassero canti tristi per evidenziare il dolore dei familiari. Altri, invece, ritengono che il canto vada inteso come canto di protesta di classi lavoratrici contro il potere dei cosiddetti “padroni”.
In realtà è possibile anche un’altra spiegazione, che ci sembra molto più verosimile. Una spiegazione, peraltro, molto più fedele alla letteralità della frase. Il lavoro delle lavandaie è certamente duro. Caricarsi di panni pesanti, che diventano ancora più pesanti, quando sono intrisi di acqua. E poi tutto questo sotto il sole rovente d’estate, ma anche nel gelido dell’inverno quando l’acqua ghiacciata arrossa dolorosamente le mani. Ebbene, in una situazione simile sentire cantare sembra improbabile…eppure avviene.
Il canto è segno di letizia. C’è un detto che dice: Canta che ti passa! Nel senso che se si è tristi e preoccupati, e ci si mette a cantare sembra che quel dolore si allevi.
E’ possibile conservare la letizia (il canto) anche in situazioni faticose, defatiganti, quasi schiaccianti (oggi si direbbe stressanti) come può un essere il lavoro della lavandaia?
Certamente. Ci vogliono però due condizioni.
La prima, bisogna amare ciò che si fa, nel senso che bisogna capire che la propria fatica rientra in un volere più grande, il quale, al di là della nobiltà o meno della singola fatica, rende questa preziosa agli occhi suoi. Questa volontà ovviamente è quella di Dio.
La seconda condizione è lavorare nella compagnia di Dio chiedendo continuamente a Lui la forza. E’ riportato in un testo di devozione un aneddoto che toccò allo scrittore cattolico Renato Bazin. Questi, in una mattina d’inverno, incontrò una lavandaia che per ore lavava panni con acqua fredda, mentre aveva vicini quattro bambini piangenti. Lo scrittore le chiese: “Come fate, buona donna, a sopportare una vita simile?” “Oh, signore –rispose la donna- ogni mattina vado a fare la Comunione, e dico al buon Dio: ‘Per piacere, fa che resista ancora per 24 ore!’ … e così io faccio da dieci anni …”.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
Be the first to comment on "APOLOGETICA CON I PROVERBI – “Andare a sentire il canto delle lavandaie” (proverbio ligure)"