Apologetica con i proverbi: “Dal tavolo di lavoro al sonno non c’è molta distanza” (proverbio lettone)

Il popolo è ben altra cosa rispetto alla massa. La massa è qualcosa d’informe, che, pertanto, si lascia facilmente plasmare. Il popolo no. Esso ha una sua identità, una sua storia, delle radici. Ha un vissuto che gli permette di giudicare con buon senso il reale. E questo lo conforta di un’eredità: la saggezza. Certo, i popoli non sono uguali; perché le culture non sono uguali. C’è chi ha conquistato il Vero. Chi lo ha atteso. Chi lo ha rifiutato. Chi se ne è allontanato. Ma al di là di questo, ciò che è di natura percepisce il senso delle cose e il mistero del vivere. E, proprio perché Dio ha fatto sì che la natura fosse predisposta all’accoglienza della Grazia, non c’è buon senso popolare che non manifesta questo desiderio; al di là di ciò che la Storia dei singoli popoli partorisce. Ecco perché si può capire l’unicità e la bellezza della Verità Cattolica anche attraverso il buon senso di tutti i popoli. 


1.Forse questo proverbio della Lettonia potrebbe essere interpretato in più maniere. Ma ci sembra che la lettura giusta sia quella di intravedere un’evidenza, ovvero che per chi lavora la giornata è senza soluzione di continuità, ovvero è sempre piena.

2.La cosa può essere ritenuta da alcuni come negativa…e invece non lo è affatto. La vita dell’uomo non dovrebbe mai avere dei vuoti, mai dei buchi, mai degli ozi. La vita dell’uomo deve essere sempre piena.

3.Ovviamente ciò non vuol dire che bisogna talmente tendere la corda da rischiare di farla spezzare. Fuor di metafora: ciò non vuol dire che bisogna stancarsi senza mai prendersi il giusto e meritato riposo. Il riposo ci vuole, Dio stesso l’ha inserito nello scorrere del tempo. Vuol dire piuttosto che, anche quando si riposa, l’uomo non deve mai smarrire se stesso, cioè non deve mai tradire se stesso.

4.Ci sono almeno due tensioni che non devono mai essere smarrite. La prima è rendere gloria a Dio. Tutto ciò che si fa: lavoro, divertimento, riposo…deve essere fatto tenendo presente questo fine primario, appunto: la gloria di Dio. La seconda è fare la volontà di Dio, cioè conformarsi al suo volere, e quindi mai peccare. Qualsiasi momento si viva, non bisogna mai allontanarsi dalla grazia di Dio.

5.In tal modo la vita diventa intelligentemente unita, senza dissociazioni, senza sdoppiamenti, senza schizofrenie di sorta. Acquista la dignità e la veste della coerenza.

6.Ma in questo modo la vita diventa anche piena, soddisfacente, robusta, soda…e non squallidamente ripiegata sulla flaccidità dell’ozio e sulla sporcizia del peccato.


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