Apologetica con le fiabe: “Raperonzolo” (Fratelli Grimm)

Il cattolico Tolkien, famoso autore della trilogia de Il Signore degli anelli, scrive nel suo Le fiabe:  “Il compositore della fiaba si dimostra un sub-creatore riuscito. Egli costruisce un Mondo Secondario in cui la nostra mente può introdursi. In esso, ciò che egli riferisce è vero: in quanto in accordo con le leggi del mondo.” Tolkien ha ragione. La fantasia non è surrealismo. Quest’ultimo nasce dalla pretesa folle di riscrivere il reale, rifiutandone le sue costitutive leggi. La fantasia, invece, è passione per il vero e per il reale. E’ una passione di tale portata che arriva ad offrire di questo vero e di questa realtà una chiave di lettura che possa meglio evidenziarne il mistero. Quale mistero? Il miracolo che rende la realtà un codice attraverso il quale cogliere la presenza continua di Dio e la bellezza della sua Verità. Ecco dunque che si può fare apologetica anche attraverso le fiabe.


La fiaba

Una coppia di sposi vive accanto a un meraviglioso giardino protetto da alte mura, che appartiene a una potente strega, conosciuta come “Dama Gothel”. Essi desiderano ardentemente un figlio e, quando la donna rimane incinta, viene presa da una gran voglia di mangiare alcuni raperonzoli che crescono nel giardino della vecchia strega. Temendo che la moglie sarebbe morta se il suo desiderio non fosse stato esaudito, e con essa anche il bambino, il marito decide di accontentarla e così durante la notte ruba alcuni raperonzoli della strega, e per sua fortuna non viene scoperto. Il giorno dopo però, la voglia della moglie di mangiare raperonzoli aumenta e così il marito decide nuovamente di rubare alla strega alcuni dei suoi raperonzoli, ma questa volta è colto sul fatto dalla strega. Questa, nonostante le giustificazioni dell’uomo, decide di punirlo, consentendogli di tornare a casa con i raperonzoli sottratti a condizione che, una volta nato, il bambino tanto atteso venga consegnato proprio a lei, che promette di trattarlo bene. Disperato, l’uomo alla fine acconsente.

Il tempo passa e nasce una bella bambina. La strega la prende con sé e le dà il nome di Raperonzolo, strappandola ai genitori. Quando la bimba compie 12 anni, la chiude in un’alta torre senza porte e senza scale nel mezzo del bosco. Raperonzolo ha lunghi capelli dorati che tiene legati in una treccia e quando la strega va a trovarla le grida: «Oh Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli, che per salir mi servirò di quelli». E così, arrampicandosi sulla sua treccia, può entrare nella celletta attraverso l’unica finestra della torre.

Un giorno, il figlio di un Re, che per caso passava nei dintorni, sente Raperonzolo cantare e rimane rapito dalla sua incantevole voce. Non trovando alcun accesso alla torre, però, se ne va sconsolato, ma si ripromette di tornare ogni giorno ad ascoltare quel canto meraviglioso, finché una volta vede la strega e scopre il modo per salire dalla sua bella. Decide così quella notte di provare anche lui: recita i versi che aveva sentito dalla vecchia e in un batter d’occhio si ritrova nella torre con la bella fanciulla. Egli allora le dichiara tutto il suo amore e le chiede di sposarlo. Raperonzolo, nonostante l’iniziale spavento, finisce con l’accettare la proposta e, insieme al principe, pianifica la fuga. Egli torna tutte le notti, poiché di giorno vi si reca la strega, e le porta della seta, che la fanciulla avrebbe tessuto fino a darle la forma di una scala, con cui avrebbe potuto scendere dalla torre.

Un giorno Raperonzolo parla accidentalmente del principe alla strega, la quale, accecata dall’ira, la punisce tagliandole i capelli e abbandonandola nel deserto. Quando quella stessa notte il principe si arrampica sulla treccia dorata, si trova di fronte la vecchia strega, che gli dice che mai più avrebbe ritrovato la fanciulla. La strega scaraventa il principe giù dalla torre e questi cade su dei rovi che lo accecano. 

Per anni il giovane erra nei boschi, finché un giorno giunge nel deserto, dove riconosce la voce di Raperonzolo. Ella, piangendo insieme a lui, fa cadere le proprie lacrime sui suoi occhi, rendendogli così la vista. Il principe la porta così nel suo regno, dove vivono per sempre felici e contenti.


L’amore di due giovani…sana l’errore dei genitori

Ci sono desideri e desideri. Ci sono desideri giusti e desideri sbagliati. Tra quelli sbagliati non ci sono solo i desideri orientati verso ciò che è male; possono esserci anche desideri sbagliati orientati verso ciò che è bene, ma che in un determinata situazione si presentano come non opportuni. La madre di Raperonzolo desiderava quei bei e gustosi raperonzoli. Non riuscì a contenere il desiderio e spinse così il povero marito a compiere un atto inopportuno, rischioso, imprudente e anche non giusto…perché alla fine quei raperonzoli li aveva dovuti rubare.

Da ciò vien fuori una storia che farà scontare quell’errore a due poveri ed innocenti giovani. La povera Raperonzolo costretta per anni a vivere isolata e prigioniera; il povero principe a vedere infranto, anche se non definitivamente, il proprio sogno di amore.

Ma la Provvidenza fa sì che siano proprio quei due giovani a ricondurre verso il bene. Una riconduzione al bene grazie al loro amore fedele.

Il trionfo apparente del male, impersonato dalla strega malvagia, era riuscito finanche a spegnere la luce (gli occhi del povero principe si erano accecati). Tutto era divenuto buio. E tutto anche inaridito, infatti la povera Raperonzolo era stata costretta dalla strega a ritirarsi in un deserto.

Ma -come dicevamo- l’amore fedele (di Raperonzolo verso il principe e del principe verso Raperonzolo) risolve tutto: fa ritornare la luce sanando gli occhi del principe e pone la fine all’aridità del deserto. I due infatti andranno a vivere nel rigoglioso castello del principe.


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