Tra gli strumenti di un cammino vi è la borraccia con cui portarsi dietro dell’acqua per idratarsi ogni tanto. Fuor di metafora, ne Il Cammino dei Tre Sentieri la “Borraccia” è la meditazione, che si sorseggia ogni tanto. I vari punti sono i “sorsi” della meditazione.
L’ACQUA
C’è un’umiltà che viene dal timore di Dio, e c’è un’umiltà che viene da Dio stesso. C’è chi è umile perché teme Dio, e c’è chi è umile perché conosce la gioia.
(Isacco di Siria)
I SORSI
1.Cari pellegrini, diciamolo francamente, molte volte ci ritroviamo ad avere soddisfazione per ciò che facciamo. Di per sé questo non è un peccato, ma è indubbio che può toglierci dei meriti, nel senso che alla fine possiamo essere tentati a pensare che ciò che facciamo sia per nostro merito. I bambini non fanno così. La loro soddisfazione la misurano non in base a ciò che fanno, ma a ciò che ricevono. Può essere l’affetto dei genitori, oppure la proposta di fare un gioco che li diverta, o ancora un giocattolo che viene loro donato. I bambini, insomma, gioiscono non per ciò che sanno fare, bensì per il dono che gli viene posto dinanzi. Basterebbe notare che occhioni fanno quando gli si regala un bel giocattolo.
2.Isacco di Siria è stato un monaco della regione di Mossul, vissuto nel VII secolo. Le parole che fanno da acqua di questa borraccia sono riprese dai suoi Discorsi ascetici e ci dicono che ci sono due tipi di umiltà che l’uomo può vivere, quella che scaturisce dal timore di Dio e quella che scaturisce quando si è sperimenta la gioia. Vediamo di capire cosa intendono dire queste parole.
3.Prima di tutto vogliono dire che l’uomo, per essere uomo, deve vivere nella dimensione dell’umiltà. Da qui non si scappa. Un uomo che non è umile vive secondo menzogna, non secondo verità.
4.Ma c’è umiltà e umiltà. C’è l’umiltà che scaturisce dalla constatazione della grandezza di Dio, e quindi dal temere il suo giudizio: non devo essere io a dover giudicare le mie azioni, ma Dio. E ciò costringe inevitabilmente ad “abbassarsi”.
5.Ma c’è anche un’altra umiltà, un’umiltà che va oltre, che è più perfetta, che non esclude la prima ma la completa, ed è quella secondo la quale non si può essere causa della propria gioia, che la risposta al proprio vivere non è in se stessi, ma in Colui che ci ha donato l’essere. E’ l’umiltà dei bambini che non si soddisfano, né gioiscono per ciò che fanno, ma solo quando viene donato loro qualcosa. Solo quando ricevono. Ha ragione Victor Hugo (1882-1885) quando dice: La più grande gioia della vita è la convinzione di essere amati. Aggiungiamo noi: amati soprattutto da Colui a cui tutto dobbiamo: Dio.
Al Signore Gesù
Signore, io senza di Te non posso vivere la gioia. La gioia vera, che spesso non s’identifica con la spensieratezza e la tranquillità, ma con la soddisfazione del proprio esistere. La gioia come risposta ad ogni affanno. Solo Tu, Signore, sei questa gioia.
Alla Regina dello Splendore
Madre, la tua gioia era ed è solo nell’essere con Gesù. Per questo mi stringo a Te e voglio essere sempre al tuo fianco, così anch’io potrò vivere la gioia che solo il Tuo Divin Figlio può donare. Madre, accompagnami nel cammino di questo giorno.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri

“Non si può essere causa della propria gioia”. È una vita che corro dietro alla ricerca della soddisfazione in ciò che faccio e la sera all’esame di coscienza vedo che c’è sempre qualche difetto che mi procura tristezza nel momento del riposo. Ma solo ora comprendo che è un’altra forma di orgoglio e presunzione. Affidarsi a Colui che ci dà la vita e solo può darci anche la vera gioia. Grazie caro Corrado