Commento del Catechismo di San Pio X (n.224)

A cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: Perché la Chiesa, imponendo di confessarci e comunicarci una volta l’anno, aggiunge la parola “almeno”?

Risposta: La Chiesa, imponendo di confessarci e comunicarci una volta all’anno, aggiunge la parola “almeno” per ricordarci l’utilità, anzi il bisogno di ricevere spesso, come è suo desiderio, questi sacramenti.


San Pio X, con cura e con precisione, che è insieme dottrinale e pastorale, aggiunge l’avverbio “almeno” non certo come parola accessoria. È una parola decisiva. Essa esprime il desiderio della Chiesa, e quindi di Cristo stesso, che il fedele si accosti quante più volte possibile ai sacramenti, e non solo quando vi è stretto obbligo.

Come spiegato nel precedente commento, infatti, il minimo indispensabile non è l’optimum a cui puntare. Anzi… L’avverbio “almeno”, infatti, ha la funzione di proteggere da un fraintendimento, oggi purtroppo molto diffuso: quello secondo cui basterebbe accostarsi una volta all’anno alla Confessione e alla Comunione per potersi dire cristiani praticanti. Come se la vita soprannaturale potesse essere mantenuta viva con un solo respiro all’anno, come se potessimo nutrirci solo con un pranzo all’anno.

San Tommaso d’Aquino spiegava che “come il corpo ha bisogno del cibo quotidiano, così l’anima ha bisogno del cibo spirituale, che è l’Eucaristia” (Summa Theologiae, III, q. 80, a. 10).

La parola “almeno” è, dunque, come una porta che resta aperta. Non è di certo il limite superiore, ma quello inferiore, minimo. È come una sorta di soglia di allarme, non il traguardo a cui aspirare. Chi si ferma lì, ha fatto solo il minimo indispensabile per non trascurare un grave dovere, ma è ben lontano da una vita autenticamente cristiana, nutrita con regolarità dai sacramenti. Soprattutto è ben lontano dall’essere decisivo per la salvezza dell’anima.

Intanto si deve capire che la Chiesa non impone un limite minimo superiore come dovrebbe essere, perché, conoscendo meglio di tutti l’animo umano, sa che apparirebbe gravoso quel che gravoso non è. Dopo aver posto questo limite minimo, poi, la Chiesa ha sempre consigliato di confessarsi almeno (appunto) ogni volta che si cade nel peccato mortale, “per toglierci dal pericolo della dannazione eterna, e anche più spesso, per avere la grazia sacramentale in abbondanza” (Dragone).

Dobbiamo sempre tenere a mente l’ammonimento di Cristo: “…sappiate questo che, se il padrone di casa sapesse a che ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe forzare la casa” (Matteo 24, 43), ribadito da San Paolo (1Tessalonicesi 5, 2). Il giudizio finale può arrivare quando meno ce lo aspettiamo e, come un ladro, può coglierci impreparati, ossia in peccato grave e condannarci alla dannazione eterna. E lo stesso vale ogni giorno della nostra vita, perché non sappiamo quando essa terminerà.

Sant’Agostino ci ricorda: “Se vi accostate a Lui, sarete illuminati; se vi allontanate, vi troverete nelle tenebre“. E anche: “Mangiate il pane, ma con fame; ricevete il sacramento, ma con desiderio; non come chi mangia senza appetito” (In Ioannis Evangelium Tractatus , 26). Quante volte, invece, si vede oggi l’opposto: fedeli che ricevono la Comunione senza essersi confessati da mesi, o anche da anni, come se si trattasse di un diritto automatico. Eppure la Chiesa, nella sua tradizione, ha sempre insegnato che la Comunione va ricevuta con un’anima pura, e che la Confessione è necessaria ogni volta che si è consapevoli di un peccato mortale. Il Codice di Diritto Canonico del 1917 lo ribadiva con chiarezza: nessuno si accosti all’Eucaristia in stato di peccato grave. San Paolo ammoniva che si sarebbe mangiata la propria condanna.

Il precetto annuale è dunque un argine, non il modello. La Chiesa desidera che i suoi figli vivano i sacramenti non come obblighi minimi da adempiere per non peccare, ma come doni da ricevere con gratitudine e desiderio, con spirito di conversione e di amore. È nota una frase di San Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d’Ars: “Quando vogliamo purificare una stanza, la spazziamo ogni giorno. Così bisogna fare con la nostra anima: confessarsi spesso“.

L’aggiunta di quel “almeno” è allora un invito paterno e insistente. La Chiesa ci consiglia di non ridurre la nostra vita cristiana ad un atto all’anno, di non restare al margine, di andare più spesso alla sorgente della grazia. Perché non è solo utile, è necessario.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


Vuoi aiutarci a far conoscere quanto è bella la Verità Cattolica?

CONDIVIDI

Be the first to comment on "Commento del Catechismo di San Pio X (n.224)"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*