A cura di Pierfrancesco Nardini
Domanda: Che ci proibisce il quinto precetto: non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti?
Risposta: Il quinto precetto: non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti, proibisce la Messa con la benedizione speciale degli sposi dall’Avvento a tutto il giorno di Natale e dal primo giorno di Quaresima a tutto il giorno di Pasqua.
Il quinto precetto della Chiesa -non celebrare solennemente le nozze nei tempi proibiti- ci fa capire che la vita cattolica è ordinata da una sapienza che sa distinguere tra momenti di gioia e momenti di penitenza; e che questi momenti vanno rispettati anche per le occasioni di festa.
La Chiesa, fedele alla Tradizione, ha sempre custodito il senso del “tempo liturgico”: il suo non è un calendario sterile, senza un senso, ma è per così dire un “ritmo spirituale”, che insegna al fedele a conformare la propria vita a Cristo.
San Pio X ricorda che nei periodi di Avvento e di Quaresima non è lecito celebrare solennemente i matrimoni, cioè con la Santa Messa nuziale e la benedizione degli sposi. Non è vietato il sacramento in sé, ma la forma festosa e solenne.
In questo modo la Chiesa, oltre a rispettare e dare gloria e onore a Dio prima che agli uomini, educa i suoi fedeli a comprendere che ci sono stagioni in cui l’anima deve orientarsi più al sacrificio e al raccoglimento che alla festa e alla gioia mondana. “Gli sposalizi comportano sempre, oltre alla celebrazione in chiesa, anche banchetti, feste, musiche, canti e altre manifestazioni di gioia esterna e rumorosa, disdicevole nei tempi di penitenza, quali sono l’Avvento e la Quaresima, che devono preparare alla santa e intima gioia del Natale e della Pasqua nel dolore dei peccati e nelle opere di penitenza e di pietà” (Dragone).
Il Vangelo stesso mostra questa sapienza del tempo: “possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni in cui lo sposo sarà tolto loro, e allora digiuneranno” (Mt 9, 15). Cristo stesso ricorda che c’è un tempo per celebrare e un tempo per digiunare: la Chiesa traduce questa lezione nella sua disciplina. Sant’Agostino d’Ippona esortava: “chi vuole gioire in modo santo, impari prima a piangere in modo santo” (Sermone 20).
L’uomo moderno tende a eliminare il dolore, la penitenza, la rinuncia: tutto deve essere festa, subito e sempre. La vita cristiana, però, non è così. La vera gioia nasce dal sacrificio, e solo chi sa attraversare i tempi penitenziali può gustare in pienezza i tempi festivi. “La Chiesa, con la sua disciplina, guida i fedeli come una madre prudente, che sa dare e togliere a seconda del bisogno” (San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, II-II, q. 147).
Vietare le nozze solenni in Avvento e Quaresima non significa disprezzare il matrimonio, ma insegnare che l’amore cristiano è inserito dentro un ordine più grande: quello della salvezza.
Oggi questa norma è stata attenuata o, in molti casi, quasi dimenticata. È uno dei tanti problemi frutto della decennale crisi nella Chiesa: si è perso anche il senso del tempo liturgico e della necessità della penitenza. La società contemporanea celebra tutto in ogni momento, spesso senza misura, e non conosce più né il digiuno né il silenzio. Il fatto che siano state ridotte queste prescrizioni, però, non significa che fossero inutili: al contrario, erano, e sarebbero tuttora se e quando rispettate, testimonianza di una sapienza antica che sarebbe salutare riscoprire.
In fondo, anche oggi, la lezione rimane la stessa: non tutto è adatto ad ogni tempo. Non possiamo pretendere di vivere sempre nel banchetto, nel divertimento, nella festa: c’è un tempo per attendere, un tempo per convertirsi, un tempo per piangere ed un tempo per gioire.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri

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