A cura di Pierfrancesco Nardini
Domanda: Che cos’è la virtù?
Risposta: La virtù è una costante disposizione dell’anima a fare il bene.
San Pio X, all’inizio del capitolo III, definisce la virtù in modo semplice e illuminante: una disposizione stabile, cioè un orientamento profondo e costante, che porta l’anima a scegliere il bene. Non si tratta di un gesto isolato, non è un’emozione passeggera: la virtù è infatti anche detta abito, è un abito interiore, che plasma la persona e la rende capace di agire secondo Dio.
Il Santo di Riese nel suo Catechismo non usa parole complicate: “costante disposizione” significa che la virtù non è un caso, né una forza che si accende e si spegne a seconda delle circostanze. È piuttosto una fermezza, una radice che affonda nell’anima e che orienta l’uomo verso ciò che è bene anche quando costa fatica. Non è un caso infatti che virtù nasca dal latino vis–virtutis che significa forza. Ci vuole una grande forza d’animo e un forte amore per Nostro Signore.
San Tommaso d’Aquino insegna che “…la virtù rende buono colui che la possiede e rende buone le sue opere” (Summa Theologiae, I-II, q.55, a. 3). La virtù dunque trasforma l’uomo sia nel suo essere che nel suo agire: un uomo virtuoso non solo compie buone azioni, ma diventa egli stesso più buono.
Oggi viviamo in una società che non favorisce la costanza. L’uomo contemporaneo è abituato alla gratificazione immediata, alla soddisfazione scontata, al cambiamento continuo, alla ricerca di emozioni sempre nuove. In particolare si tende a nascondere il dolore, a non voler vedere la sofferenza. Tutto questo rende difficile la costruzione di virtù: ciò che è stabile, duraturo e fedele viene spesso visto come un limite, noioso. La virtù, al contrario, è ciò che radica la vita nell’eterno e libera l’uomo dalla schiavitù del capriccio e dell’istinto. Lo allontana dai vizi e dal male.
Sant’Agostino ammoniva con la famosa (e da molti distorta) frase “ama e fa’ ciò che vuoi” (In Epistolam Ioannis ad Parthos Tractatus, VII, 8). Non si tratta di un invito al relativismo, come molti vorrebbero intendere, ma alla vera libertà che nasce dall’amore per Dio. Chi ama Dio con cuore costante, agirà sempre bene perché la sua volontà è ormai plasmata dall’amore divino. Se ami Dio, rispetti la Sua Legge, i Suoi Comandamenti. Se rispetti i Suoi Comandamenti, non potrai mai fare del male e, di conseguenza, potrai fare “ciò che vuoi“, perché avrai la virtù.
Così, in un mondo instabile, la virtù è segno di solidità, di identità e di fedeltà a ciò che non passa. Essa custodisce l’uomo dal divenire incostante delle mode e lo ancora al bene eterno, che è Cristo stesso. Sarà anche a volte motivo di “scandalo” presso il prossimo, visto che sarà visto come strano chi la esercita, perché diverso dal mondo in cui siamo abituati a vivere. Anche in questo virtù sarà sinonimo di forza, perché permetterà di resistere alla tentazione di liberarsi di scherno e isolamento con l’adeguarsi al mondo, rimanendo saldi in Dio.
Il Vangelo ci indica la strada delle virtù: “…sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Matteo 5, 37). In queste parole di Gesù c’è tutta la chiarezza e la fermezza che appartengono all’anima virtuosa. Non doppiezza, non esitazioni, ma una costanza interiore che orienta la vita verso il bene e lo mantiene saldo. Perciò, coltivare le virtù significa prepararsi a vivere da veri figli di Dio, in una società che ha smarrito il senso della fermezza. Il cristiano non deve lasciarsi trascinare dalla mutevolezza del mondo, ma radicarsi in quelle disposizioni stabili che lo rendono capace di vivere ogni giorno sotto lo sguardo di Dio. Diventa così esempio vivente tale da poter essere testimone della bellezza e forza della virtù cristiana nel mondo.
Non si deve mai dimenticare che la virtù non è mai solo un impegno umano: è dono della grazia, che l’uomo accoglie e coltiva con la sua libertà. Come il seme cresce nel terreno buono, così le virtù crescono nell’anima che rimane fedele alla grazia. Altrimenti si corre il rischio opposto di passare dalla virtù alla presunzione, all’orgoglio di pensare di essere “forti da soli”, forti senza bisogno di Dio.
La virtù è, quindi, costanza e fedeltà al bene, radice dell’anima che resiste al tempo e al mutamento. È segno di maturità spirituale, forza che rende l’uomo libero dalle passioni e saldo in Dio. Allo stesso tempo consapevolezza della propria dipendenza da Dio. È la risposta cattolica alla superficialità e alla fragilità della modernità.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri

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