Commento del Catechismo di San Pio X (n.229)

A cura di Pierfrancesco Nardini


Domanda: Quali sono le virtù proprie del cristiano?

Risposta: Le virtù proprie del cristiano sono le virtù soprannaturali e specialmente la Fede, la Speranza e la Carità, che si chiamano teologali o divine, perché hanno Dio stesso per oggetto e per motivo.


San Pio X ci introduce nel cuore della vita cristiana. Dopo aver spiegato che esistono virtù naturali e soprannaturali, ci insegna ora quali siano le più alte e proprie del cristiano: la Fede, la Speranza e la Carità. Queste tre virtù, dette “teologali”, non sono semplici atteggiamenti morali, ma doni divini che legano direttamente l’anima a Dio. Si acquistano con il Battesimo.

Le virtù teologali si chiamano così perché hanno Dio stesso come oggetto e come motivo. Non ci fanno soltanto vivere “bene”, ma vivere in Dio. San Tommaso d’Aquino insegnava che “per le virtù teologali l’uomo è ordinato rettamente a Dio; esse, infatti, hanno Dio come oggetto e come fine” (Summa Theologiae, I-II, q. 62, a. 1).

La Fede ci fa credere a Dio e nella Sua Rivelazione; la Speranza ci spinge ad avere fiducia nella vita eterna; la Carità ci fa amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo per amore Suo.

Ecco, dunque, la differenza profonda delle virtù teologali rispetto a ogni virtù puramente umana: mentre le virtù umane/morali regolano i rapporti tra gli uomini, le virtù teologali regolano il rapporto dell’uomo con Dio.

Per questo si è iniziato dicendo che si entra nel cuore della vita cristiana, queste virtù sono infatti l’anima della vita cristiana, ciò che distingue il santo dall’uomo soltanto onesto e di buon cuore.

Come si approfondirà nei prossimi numeri, la Fede è la luce dell’intelletto. Non è un sentimento (come molti vogliono fare credere), ma un atto della ragione illuminata dalla grazia: credere fermamente a ciò che Dio ha rivelato perché Dio, che è la Verità, non può ingannarsi né ingannarci.

La Speranza è la virtù che ci fa desiderare il Cielo, confidando nell’aiuto di Dio. È la virtù della perseveranza, quella che sostiene l’anima nelle prove e impedisce di cedere allo scoraggiamento e alla disperazione.

Infine la Carità, che è la più grande delle virtù, è il compimento della Legge, il vincolo della perfezione. Non un semplice amore umano, ma l’amore stesso di Dio riversato nei nostri cuori.

Nel mondo di oggi, dove la fede è ridotta ad opinione soggettiva, la speranza ad ottimismo umano e la carità a solidarietà sociale, ricordare la dottrina autenticamente cattolica è più che mai necessario. Viviamo, purtroppo, in un tempo in cui si esalta la fede come esperienza puramente personale, la speranza come pensiero positivo materialistico e l’amore come “bontà” generica, ma si rifiuta Dio. Ciò è un inganno ormai nemmeno più tanto sottile, perché senza Dio non c’è virtù teologale, e senza virtù teologale non c’è vera santità.

Le virtù teologali elevano l’uomo al di sopra di se stesso e lo rendono partecipe della vita divina, come insegna San Pietro: “perché diventiate partecipi della natura divina” (2 Pt 1, 4).

Sottovalutare tutto questo significa ridurre la vita, come infatti accade, a puro materialismo, a semplice e triste immanenza; significa togliere all’uomo il respiro più ampio della vita dopo la morte, significa togliergli il vero senso.

Le virtù proprie del cristiano, Fede, Speranza e Carità, sono il respiro dell’anima che vive di Dio. Chi le coltiva, vive già in questa vita un’anticipazione del Cielo, perché la grazia che le alimenta è la stessa vita divina infusa nell’uomo.


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