EDITORIALE – Vivere, difendere ed innalzare la Croce. Intervento al Convegno di Radio Spada (con testo)

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Introduzione

Cari amici, buongiorno.

Prima di tutto voglio ringraziare coloro che hanno organizzato questo convegno per avermi invitato e nello stesso tempo mi scuso anche per non aver potuto presenziare fisicamente.

Preferisco leggere il mio intervento per non dilungarmi più del dovuto.

Entro subito nel contenuto del mio contributo e ovviamente mi attengo al titolo del Convegno: “Cattolici Romani 2024 – Stati generali. A che punto è la notte?

Dunque, bisogna rispondere alla domanda: “A che punto è la notte?”, ma forse sarebbe meglio declinare al plurale: “A che punto sono le notti”.

Infatti -a mio modesto parere- non c’è solo la “notte” di un mondo e di una Chiesa ormai in frantumi e oppressi dalle tenebre più fitte, c’è anche un’altra “notte”: la “notte” di chi dovrebbe opporsi a tutto questo e invece alle volte si concentra in dinamiche conflittuali che sembrano sfiorare l’autolesionismo.

Parto da una importante premessa formale. Personalmente mi sforzo d’invitare coloro che seguono il C3S (da me diretto) di utilizzare per la propria “buona battaglia” la definizione “Cattolici della Tradizione” piuttosto che quella di “cattolici tradizionalisti” o ancor più problematicamente di “tradizionalisti” tout-court.

Certamente molti tradizionalisti ribadiscono con sincerità di essere tradizionalisti in quanto cattolici e non cattolici in quanto tradizionalisti, ma poi -nei fatti- alcuni sembrano un po’ smentire tutto questo.

Sembrano smentire tutto questo soprattutto quando avvengono determinate congiunture storiche che fanno sì che certi nodi vengano al pettine.

Sant’Ignazio ci dice chiaramente nei suoi Esercizi che dobbiamo saper scegliere lo stendardo giusto e per questo combattere e donare tutto noi stessi.

Lo stendardo giusto è il vessillo della Croce, non ce ne sono altri.

Dobbiamo ricordarci e ricordare che la Croce è la Tradizione e la Tradizione è la Croce.

Dunque, l’unico nostro obiettivo è quello di vivere la Croce, di difendere la Croce e d’innalzare la Croce.

Vediamo più in dettaglio, anche se brevemente, che significa in pratica vivere la Croce, difendere la Croce e innalzare la Croce.

Vivere la Croce

Vivere la Croce significa che non può esserci battaglia seria che non sia prima di tutto instaurazione della vita di Cristo nella propria anima. Nessuno può pretendere di far amare la Verità Cattolica se questa Verità non è prima di tutto amata e innestata nella propria anima. Ecco perché qualsiasi apostolato, anche quello più profondamente intellettuale, non deve mai indurre ad una riduzione intellettualistica e gnosticizzante della Fede stessa.

Difendere la Croce

Dicevamo, non solo vivere la Croce, ma anche difendere la Croce. Domanda: Come difendere la Croce? Risposta: Operando apologeticamente in sua difesa, dunque combattendo -secondo le proprie possibilità e i propri carismi- contro gli errori oggi dominanti, tanto fuori quanto dentro la Chiesa.

Ma ciò è un discorso che va da sé.

C’inganneremmo però se pensassimo che possa bastare questo (che di per sé è già impresa ardua).

Dobbiamo capire che la Croce la dobbiamo difendere anche tra noi, nei nostri ambienti di Cattolici della Tradizione.

In che senso? Non nel senso intellettuale (perché su questo siamo tutti d’accordo) bensì nel senso di sua centralità e decisività. Chiarisco. Molto spesso tra noi confondiamo l’opinabile con il dogmatico e…forse il dogmatico con l’opinabile. Quando prima ho alluso alle congiunture storiche che alle volte fanno risaltare i nodi al pettine, mi riferivo proprio a questo. Prendiamo il caso del covid e soprattutto quello dei vaccini. Al di là delle varie opinioni nel merito, non si può negare che in quell’occasione c’è stato chi ha trasformato una questione di ordine prudenziale in una questione decisiva, assumendosi delle responsabilità non indifferenti sul piano morale, per esempio, spacciando come peccato ciò che non è peccato.

Lo stesso dicasi anche per alcune valutazioni in merito a questioni di politica internazionale, vedi il conflitto russo-ucraino…e questo -si badi bene- lo affermo tanto per coloro che simpatizzano per una parte quanto per coloro che simpatizzano per la parte avversa.

In tal modo non solo ci si frantuma, facendo nascere a volte beghe da condominio di fantozziana memoria, ma si perde di vista la sostanza.

Insomma, andrebbe continuamente ricordata quell’opportuna e molto citata espressione che viene attribuita a monsignor Marco Antonio de Dominis, vescovo di Spalato della prima metà del XVII secolo: In necessariis unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas“, ovvero Unità nelle cose necessarie, libertà in quelle dubbie, carità in tutte.

Innalzare la Croce

Vengo al terzo punto: innalzare la Croce.

Innalzare la Croce vuol dire lavorare perché il mondo torni a Cristo, quindi non solo a noi spetta una pars destruens, combattere l’errore, ma anche una pars costruens, restaurare il Regno Sociale di Cristo.

Anche su questo dobbiamo avere le idee chiare: quale Regalità Sociale di Cristo siamo chiamati a realizzare?

Certamente quella fondata sull’immutabilità della Verità.

Ma una Regalità che prenderà consistenza comunque nella Storia, nel momento in cui la Provvidenza vorrà. Dunque, nel momento. Il momento richiama il tempo. Il momento richiama anche il progresso avvenuto, che è cosa ben diversa dal progressismo ideologico.

A riguardo voglio condividere con voi, anche se molti conosceranno bene queste parole, ciò che Cesterthon scrive in Eretici: “In nulla il bambino è così legittimamente infantile, in nulla mostra più fedelmente il più sano ordine della semplicità, che nel fatto di vedere tutto con un piacere semplice, persino le cose complesse. La falsa naturalezza insiste sempre sulla distinzione tra naturale e artificiale. La naturalezza più nobile ignora tale distinzione. Per il bambino, l’albero e il lampione sono ugualmente naturali e artificiali; o meglio, nessuno dei due è naturale ma sono entrambi soprannaturali, poiché entrambi splendidi e inspiegabili. Il fiore con cui Dio incorona l’uno e la fiamma con cui Sam, il lampionaio, incorona l’altro, sono ugualmente dorati come nelle fiabe. In mezzo ai campi più selvaggi, il bambino più genuino sta sicuramente giocando al trenino. E l’unica obiezione spirituale o filosofica ai treni non è che gli uomini paghino per salirci o lavorino per costruirli o li rendano molto brutti o, addirittura, ne vengano uccisi; ma semplicemente che non li usino per giocare. La disgrazia è che la poesia infantile del trenino a molla è destinata a scomparire. Il problema non è che le locomotive sono troppo apprezzate, ma che non lo sono abbastanza. Il dramma non è che le locomotive sono meccaniche, ma che gli uomini sono meccanici. 

Dunque -dice Chesterton- il problema non è la tecnica in sé, ma il suo allontanamento dal mistero.

Certamente, vanno rifiutate tutte quelle innovazioni tecniche che dovessero esplicitamente confliggere con la legge naturale e soprannaturale, ma non si possono condurre battaglie perse in partenza per la ricerca un po’ ossessiva di necessari complotti che hanno fatto sì che certe innovazioni avvenissero. 

I complotti esistono eccome. Solo chi si accosta ingenuamente allo studio della Storia può negare che ciò che si conosce della Storia stessa sia solo la punta di un iceberg, ma questo non autorizza nessuno a fare della presenza dei complotti una legge necessaria e incontrovertibile per ogni congiuntura storica, a meno che non ci siano delle prove credibili.

Il rischio è di trasformarsi in tanti don Chisciotte della situazione: scambiando per braccia di giganti semplici pale di mulini.

Il caso Leo Taxil dovrebbe esserci di monito. Il massone falsamente convertito fece credere assurde le accuse che giustamente si facevano alla Massoneria, ideando un doppio gioco che fu una grande maestria del demonio…rendendo in tal modo poco credibili qualsiasi accusa all’errore e quindi alla pericolosità della Massoneria stessa.

Così alle volte rischiamo di fare anche noi, combattendo battaglie perse in partenza.

Un esempio, prendiamo la questione della moneta digitale e della difesa del contante. Nessuno nega che un tale passaggio stia comportando una maggiore incisività del signoraggio bancario (maggiore non nascita, perché era presente già prima), ma non si può negare che esso stia comportando anche una maggiore comodità, per cui lottare frontalmente contro la moneta digitale sarebbe come proporre nel 2024 ad uno scrittore di ritornare alla macchina per scrivere e di abbandonare il pc. Chi lo farebbe? Nessuno

C’è una famosa battuta che dice che nella terra dei club…c’è un club anche per coloro che sono contro i club. E così anche noi denunciamo controlli a destra e manca, denunciamo schedature e mortificazioni della libertà, e poi, se dobbiamo andare all’estero, ci portiamo la carta di credito e non le banconote nei calzini, oppure parliamo di controllo continuo sulla nostra vita e denunciamo paradossalmente tutto questo attraverso i social.

Invece l’intelligenza di Chesterton ci dice che non dobbiamo rifiutare la tecnica, ma la separazione della tecnica dal mistero…ovvero dalla Verità.

La Regalità Sociale di Cristo per cui dobbiamo lavorare prevede la restaurazione della sovranità della Verità Cattolica nelle strutture politiche e nei cuori degli uomini, e quindi anche di quegli uomini che sono chiamati a gestire il progresso della tecnica.

Questo -a mio parere- è un lottare intelligentemente e coerentemente per la Regalità Sociale di Cristo.

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