Il “carpe diem” di Orazio è simile alla raccomandazione di Gesù di non affannarsi per il futuro?

1.Il carpe diem è una celebre espressione latina che significa letteralmente “cogli l’attimo”. Si tratta di un concetto tratto dalle Odi di Orazio (Libro I, Ode 11), in cui il celebre poeta, nato nel 65 a.C. e morto nel 27 a.C., invita a vivere pienamente il presente, a non rimandare la felicità e a non preoccuparsi per il futuro a causa della sua incertezza. Insomma, l’idea del carpe diem si basa sul godere dei piaceri della vita quanto prima, perché il tempo fugge via.

2.Nel Vangelo, Gesù invita ugualmente a non farsi angustiare dall’affanno per il futuro. Egli dice: “Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? Non affannatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose si preoccupano i pagani; il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Matteo 6,25-33).

3.Si potrebbe concludere che quella del carpe diem di Orazio e ciò che afferma Gesù siano sostanzialmente simili. E invece sono molto, ma molto, lontani. La differenza che li rende lontanissimi è l’idea del futuro. In entrambe le concezioni vi è la convinzione che il futuro potrebbe riservare dolori e angustie, ma mentre nella concezione oraziana tutto è avvolto dall’impossibilità di dare possibili spiegazioni a ciò che eventualmente di brutto accadrà, nella concezione evangelica, invece, il futuro con i suoi possibili dolori è già risolto nella Speranza teologale.

4.Se Orazio invita a non pensare al futuro è perché esso sarà incerto e terribile nel suo ineliminabile non-senso. Gesù invece invita a non preoccuparsi del futuro perché esso è già risolto, in quanto per ogni giorno è a disposizione la soluzione con il potersi rimettere abbandonare alla volontà di Dio, il quale, perché Sommo Amore, predispone e predisporrà ogni cosa al Bene. Infatti, Gesù dice che la Provvidenza pensa al cibo degli uccelli e alla bellezza dei gigli.

5.Le parole e i concetti chiave sono due: non pensare e non preoccuparsi. Orazio, dice di non pensare al futuro, Gesù di non preoccuparsi. Il primo invita di fatto all’alienazione, perché ci si dovrebbe staccare dalla realtà; il secondo all’attenzione, perché il futuro va pensato nella sua soluzione, che è la presenza della Provvidenza.


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