Draghi… la competenza come collante dell’indistinto

di Corrado Gnerre

Qualche riflessione su ciò che sta accadendo nella politica italiana.

Prima di tutto una precisazione. I nostri giudizi saranno solo indicativi, non certo decisivi, ciò perché la situazione attuale (come ormai da tempo a questa parte) è altamente fluida e facilmente, troppo facilmente, variabile. Negli ultimi anni abbiamo avuto la dimostrazione che frasi del tipo : mai con Tizio, mai con Caio… poi sono diventate:… bene con Tizio, bene con Caio. Per non parlare di solo qualche giorno quando si diceva: o Conte o morte, o questa maggioranza o niente… e poi è andata come andata, anzi: sta andando come sta andando, visto che il governo Draghi deve ancora partire.

Detto questo, ci sembra importante tener presente un punto.

Molti si stanno preoccupando che ciò che sta avvenendo alla corte di Mario Draghi sia la conferma di una subalternità (per non dire annullamento) della politica alla tecnica e all’economia. Se così fosse -diciamo subito- che la cosa non dovrebbe spaventare più di tanto. Non solo perché tale subalternità si è consumata da ormai troppo tempo (quante volte abbiamo visto disfare i governi solo perché i dati della finanza “costringevano” in tal senso), ma anche perché la cosiddetta politica sta facendo cose e sta promuovendo leggi (vedi l’ultima sull’omofobia) che forse auspicare un po’ di economia pura e di tecnica pura non sarebbe poi una catastrofe.

Il problema è invece un altro e cioè che l’economia pura e la tecnica pura non esistono. Nel senso che soprattutto ora non possono esistere visto quanto a sovrastare tutto sia la cupola ideologica della dissoluzione nichilistica.

Pertanto, con la recente “canonizzazione” di Draghi, stiamo vedendo plasticamente realizzarsi ciò che ormai da tempo si stava concretizzando: la convergenza di tutti gli errori possibili sul piano politico e su quello economico.

E così dobbiamo chiederci non se Draghi sia bravo o meno, se sarà capace o non sarà capace, bensì come la pensa, perché avrà pur un suo pensiero, un suo giudizio sulle cose.

La risposta la possiamo trovare in una bizzarra definizione in cui pare che l’ex presidente della BCE si riconosca: lib-lab.

Tale definizione arrivò in Italia negli anni ’80 dalla Gran Bretagna. Vuol dire Liberal-Laburista, cioè il tentativo di fondere idee liberali con idee socialiste.

In Italia questa prospettiva fu fatta propria dal socialista Claudio Martelli e dal suo entourage. Ne venne fuori la cosiddetta teoria “dei meriti e dei bisogni“, che mirava a combinare aspirazioni egualitarie con principi meritocratici.

Ebbene, Draghi bene esprime questa tendenza. Un po’ di spirito keynesiano (fu allievo dell’economista Federico Caffé) e un po’ di liberismo spinto della Scuola di Chicago.

Insomma, un po’ tutto.

Ed è in questo un po’ tutto c’è il pericolo che incombe. Perché un po’ tutto vuol dire accontentare, vuol dire scendere a compromessi, vuol dire accettare; ma vuol dire soprattutto non distinguere, non separare, non rinunciare.

Ed è qui -ripetiamo- che si palesa il pericolo. Anche se è un pericolo non nuovo, tutt’altro. E’ qualcosa che sta arrivando sempre più a compimento. E’ il pericolo di unificare gli errori, dimenticando completamente la verità sull’uomo, sulla politica, sull’economia, su tutto.

Dicevamo: errore che esiste da tempo. La politica americana lo incarna da lustri. Le differenze tra i democratici e i repubblicani, escludendo il caso Trump che è stato un’eccezione tra i repubblicani che proprio per questo inizialmente fecero di tutto per non farlo scendere in campo… dicevamo: le differenze tra i democratici e i repubblicani sono quelle che sono, tant’è che si possono trovare facilmente democratici di destra che sono più a destra di repubblicani di sinistra e viceversa.

In Italia di esempi di questo tipo che hanno avuto successo o che sono falliti se ne trovano. Tra quelli falliti si ricorderà il benaltrismo veltroniano: dire niente per non dire tutto, dire tutto per non dire niente.

Dunque, un po’ di tutto.

E la coalizione che verrà fuori sotto la presidenza Draghi, anche questa servirà plasticamente per attestare quanto ormai le differenze siano acqua passata.

Ma qui -come sempre- c’è l’eterogenesi dei fini. La competenza, invocata, finirà con l’essere il collante dell’indistinto e della fluidità.

Un piccolo ma significativo antipasto di ciò che forse avverrà. In queste ore c’è chi sta dicendo che Draghi sarebbe anche molto attento a costruire una squadra di governo in cui venga sovradimensionata la rappresentanza di genere. Cosa che -diciamolo francamente- non è una buona carta di credito per la competenza. Non perché le donne non possano essere competenti; bensì perché dover rispettare dei criteri di genere, vorrà dire necessariamente dover farsi guidare nelle scelte non da parametri di competenza, ma da altri.

Dio è verità, Bontà e Bellezza

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