Apologetica raccontando: “Il Don che chiese ai fedeli…per chiedere a se stesso”

Faceva molto freddo quella mattina. La chiesa sembrava più gelida del solito. Eppure tutto funzionava bene. L’impianto di riscaldamento non sembrava dare segni di difetto. Né tantomeno il Don si sentiva influenzato. Può capitare, infatti, che malgrado la temperatura non sia rigida, quando si è raffreddati si avverta comunque un disagio termico: brividi, tremori, malessere generale…no: il Don stava in piena salute. Ma il freddo era pungente.

Come ogni mattina, il Don si era messo dinanzi al Santissimo per recitare l’Ufficio. Era il 29 dicembre, ricorrenza di san Tommaso Beckett, il vescovo che, per difendere la libertà della Chiesa d’Inghilterra, dette la propria vita venendo ucciso per mano di chi pensava d’ingraziarsi i favori del Re che mal sopportava quel vescovo.

Il Don come d’improvviso non avvertì più quel fastidioso freddo. Iniziò la sua meditazione e fece sì che edificanti pensieri corressero e si sviluppassero nella sua mente: la bellezza di lottare per una Chiesa che fosse davvero libera da qualsiasi influenza del potere di turno, il coraggio del Santo Vescovo di Canterbury, il quale capì quale dovesse essere il suo dovere di successore degli apostoli; e tanto altro… Poi il Don passò ai propositi e chiese a Dio di dargli la forza, nel suo stato di vita, di emulare quel santo Vescovo; di non scendere a patti con alcun potere, di poter lavorare sempre ed unicamente per fare la volontà di Dio. Al Don venne anche un’idea: sarebbe stato bello poter scrivere anche qualcosa sul quel santo che tutto sommato non era poi tanto conosciuto. Certamente non lo era tra i suoi parrocchiani e tra la gente più semplice. D’altronde questo tema della libertà della Chiesa era stato per lui sempre un argomento che lo aveva attratto. Forse la sua formazione molto “moderna” e di critica quasi astiosa nei confronti della Chiesa del passato, verteva anche su questo.

Si erano ormai fatte le 9. Squillò il citofono della canonica. Corse a vedere chi fosse e si ritrovò dinanzi una signora poco più che cinquantenne da lui conosciuta molto bene. Si trattava di una fedele che non mancava mai alla Messa serale, molto spesso in compagnia del marito. In quei giorni tra il parroco e quei coniugi i rapporti erano diventati un po’ complicati. I due erano genitori di Andrea, un giovane sulla trentina che ormai da qualche anno era andato a convivere con un altro giovane, formando quella che si suole definire una coppia “omoaffettiva”.  La cosa non era stata accettata dai genitori di Andrea, i quali avevano anche chiesto aiuto al parroco, ma questi -con loro sorpresa- non aveva drammatizzato. Li aveva certamente invitati a pregare, ma con ciò che aveva detto (e soprattutto non aveva detto) aveva fatto loro capire che la decisione del figlio doveva essere accettata. Dunque, i rapporti tra il Don e i due coniugi si erano complicati. Questi erano venuti a sapere dallo stesso figliolo che il parroco aveva accettato di buon grado la richiesta che Andrea e il suo compagno gli avevano fatto di poter benedire la loro coppia.

“Don (…) da lei questo non ce lo saremmo aspettati…” disse la donna con grande rammarico.

“Lei e suo marito dovete essere sereni -rispose il Don- Io non posso rifiutare ciò che è nel diritto di questi giovani; e anche il vescovo su questo è d’accordo”.

La donna ribatté: “Ma in questo modo mio figlio e quel suo amico finiranno con il capire che sono sulla strada giusta, che non devono cambiare vita…”. 

“A noi non spetta arrivare a queste conclusioni. A noi spetta solo accogliere”. Sentenziò il Don.

La donna quasi si commosse: “Ma in questo modo anche lei, Don (…) ci lascia soli. Se io e mio marito ci rivolgiamo al medico, questi ci prende per pazzi fanatici; se ci rivolgiamo a qualcun altro che sa e che conta, anche costui ci prende per pazzi fanatici. Perfino lei tutto sommato ci prende per pazzi fanatici…e così come genitori siamo sempre più soli, sempre più abbandonati. Tutti vanno in una direzione, noi soli in un’altra”. 

Poi la donna andò via senza salutare. Il Don stava per rispondere, ma capì che sarebbe stato inutile.

Arrivò la celebrazione serale. I soliti fedeli della Messa quotidiana, ma questa volta mancavano i genitori di Andrea. Il Don non dette importanza alla cosa. D’altronde quell’assenza poteva anche essere dovuta a motivi che non fossero quelli a lui noti.

Il Don era solito fare una breve omelia anche nelle Messe feriali e quella sera pensò di fare riferimento al santo del giorno, san Tommaso Beckett. Dopo aver parlato brevemente della sua vita, disse: “Cari fedeli, se ci riflettete bene, Tommaso era rimasto solo a difendere la libertà della Chiesa. Aveva quasi tutti contro. Ma lui non si fece intimidire. Cosa avremmo fatto noi al suo posto? Saremmo stati coraggiosi o codardi? Avremmo avuto il coraggio di dire “no” al potere o ci saremmo allineati? Ognuno risponda in silenzio nella propria coscienza”. 

La Messa terminò. In sagrestia qualcuno si congratulò con lui per le belle parole dell’omelia. Il Don quasi se ne compiacque. Quella sera però il Don non riuscì facilmente a prendere sonno. Avvertì nuovamente un freddo gelido. Era la stessa, strana, sensazione del mattino. Eppure i riscaldamenti funzionavano…e non era raffreddato. Intanto la sua sua coscienza stava pensando a come rispondere alla domanda che lui aveva rivolto ai fedeli durante l’omelia: “…avremmo avuto il coraggio di dire “no” al potere o ci saremmo allineati?”.


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