Al di là dei giudizi di merito, cosa insegna il caso Vannacci?

di Diego Torre

Il Mondo al contrario, di Roberto Vannacci, vola alla testa della classifica dei libri più venduti da Amazon. La stessa Murgia, benchè appena pubblicizzata e canonizzata dai media laicisti e da taluni “cattolici”, ha visto scavalcare il suo Accabadora. La qualcosa però non credo la interessi essendo la scrittrice al momento in tutt’altre faccende affaccendata; ben più importanti.

Il libro è uscito il 10 agosto nel programma Kindle Direct Publishing, auto pubblicato e va come il vento.  Amazon si è occupata di stamparlo e distribuirlo, ma non c’è una casa editrice.

Ognuno può pensare e dire quello che vuole  del libro; o almeno così dovrebbe essere. Si può essere d’accordo in tutto o in parte o per niente con quello che scrive, col quel suo stile molto forte e diretto, “da caserma”, ma c’è un dato che dovrebbe fare riflettere tutti.

Se un libro di autore sconosciuto al grande pubblico, senza casa editrice, viene famelicamente richiesto, benché esecrato e condannato, evidentemente interpreta un sentimento diffuso nella maggioranza del popolo italiano, che si sente censurato nella sua libertà d’espressione, che avverte un’autentica cappa nell’informazione e nella cultura “ufficiale” che non lascia spazio ad opinioni, o anche soltanto sentimenti, diversi. Un conformismo di linguaggio e di pensiero nella quale il censurato opera da sé la limitazione della sua libertà di espressione sino alla proibizione o alla coatta modifica di alcuni vocaboli per timore di essere esposto alla pubblica esecrazione.

Esempi ce ne sono a volontà. Abbiamo cominciato con presidente/presidenta e in pochi anni abbiamo finito col non poter dire che un bambino ha bisogno di un papà maschio e di una mamma femmina. L’autore,  consapevole di tale realtà, scrive di volere “ provocatoriamente rappresentare lo stato d’animo di tutti quelli che, come me, percepiscono negli accadimenti di tutti i giorni una dissonante e fastidiosa tendenza generale che si discosta ampiamente da quello che percepiamo come sentire comune, come logica e razionalità.

Il Mondo al contrario richiama alla mente l’Uomo Qualunque di Giannini, la stessa insofferenza, la stessa ribellione, sia pure con uno stile più sobrio e castigato (quello di Vannacci). Giannini ce l’aveva con la partitocrazia, con lo Stato che stritolava il cittadino con il suo torchio prepotente; ed ebbe un grande successo iniziale. Vannacci ce l’ha con il pensiero unico e quella che Ratzinger chiamava la dittatura del relativismo.

Ma aldilà degli esatti moventi che hanno spinto il generale a scrivere, aldilà dello scarso apprezzamento di taluni per il suo “stile letterario”, aldilà delle sue posizioni sui singoli temi, aldilà del libro stesso e del suo autore, tre verità si stagliano nel nostro presente e minacciano sempre più il nostro futuro:

1)      Non c’è spazio nella società distopica per l’uomo comune che vive di valori e buon senso naturali. Se qualcuno accenna a reclamare … tutti addosso. O rientri nei ranghi (non militari) o vieni ostracizzato.

2)      Ciò comincia a dare un crescente fastidio a tanti italiani che mordono il freno e trovano nel generale un possibile e passabile amplificatore della loro rabbia repressa.

3)      Esiste un collegio di arroganti censori che decide cosa pensare, cosa si può dire e con quali parole si può dire … e guai a incorrere nelle sue ire.

E’ un fenomeno che sta uccidendo la libertà in tutto l’occidente, che di essa è stato la culla, dal quale bisognerà difendersi con tanto coraggio, rischiando l’emarginazione, ma consapevoli che è la verità a rendere liberi e che la condizione di schiavo, anche culturale, è indegna dell’uomo. Non sarà facile ma è una bella partita, quella della nostra generazione.

E’un dato epocale sul quale tutto l’arco di centro destra, e tutti gli uomini amanti della libertà, devono interrogarsi e … decidersi. O la cultura della libertà, il buon senso, la legge naturale, o la demagogia progressista, il lavaggio del cervello, il relativismo etico, l’insoddisfazione, l’infelicità. Ci vuole spessore culturale, e motivazioni profonde per vincere; chi cede per non perdere tutto è votato al cedimento progressivo e alla resa finale, disonorevole e senza condizioni.

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2 Comments on "Al di là dei giudizi di merito, cosa insegna il caso Vannacci?"

  1. Carla D'Agostino Ungaretti | 26 Agosto 2023 at 8:31 | Rispondi

    Sono totalmente d’accordo con i due autori, sia del libro che dell’articolo e, in particolare, con il quarto capoverso dell’articolo stesso. Forse, se volessi essere iperpignola, potrei dire che il Generale avrebbe potuto essere leggermente pi “soft”, ma questo dipende dal carattere individuale e il Generale ha dimostrato di essere un vero soldato perché, parlando come è suo diritto, non ha avuto timore delle reazioni “nemiche”. Io non sarei mai stata capace di parlare come lui, anche se una volta sono stata accusata di essere parruccona e passatista perché esprimevo le sue stesse idee. Ma mi trovavo in un salotto tra amici …

  2. Articolo stupendo e analisi cristallina.

    siamo vittime della dittatura del relativismo.

    Bravi!

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