Perché sant’Agostino ci parla del furto delle pere che fece da ragazzo?

Dio è talmente necessario che il peccatore arriva ad imitarlo “alla rovescia”. Leggiamo ciò che ci racconta sant’Agostino nelle sue Confessioni


La tua legge, Signore, condanna chiaramente il furto, e così la legge scritta nei cuori degli uomini, che nemmeno la loro malvagità può cancellare. Quale ladro tollera di essere derubato da un ladro? Neppure se è ricco, e l’altro costretto dalla miseria. Ciò nonostante io volli commettere un furto e lo commisi senza esservi spinto da indigenza alcuna, se non forse dalla penuria e disgusto della giustizia e dalla sovrabbondanza dell’iniquità. Mi appropriai infatti di cose che già possedevo in maggior misura e molto migliore qualità; né mi spingeva il desiderio di godere ciò che con il furto mi sarei procurato, bensì quello del furto e del peccato in se stessi. Nelle vicinanze della nostra vigna sorgeva una pianta di pere carica di frutti d’aspetto e sapore per nulla allettanti. In piena notte, dopo aver protratto i nostri giochi sulle piazze, come usavamo fare pestiferamente, ce ne andammo, da giovinetti depravatissimi quali eravamo, a scuotere la pianta, di cui poi asportammo i frutti. Venimmo via con un carico ingente e non già per mangiarne noi stessi, ma per gettarli addirittura ai porci. Se alcuno ne gustammo, fu soltanto per il gusto dell’ingiusto. Così è fatto il mio cuore, o Dio, così è fatto il mio cuore, di cui hai avuto misericordia mentre era nel fondo dell’abisso. Ora, ecco, il mio cuore ti confesserà che cosa andava cercando laggiù, tanto da essere malvagio senza motivo, senza che esistesse alcuna ragione della mia malvagità. Era laida e l’amai, amai la morte, amai il mio annientamento. Non l’oggetto per cui mi annientavo, ma il mio annientamento in se stesso io amai, anima turpe, che si scardinava dal tuo sostegno per sterminarsi non già nella ricerca disonesta di qualcosa, ma della sua disonestà. Ma io, sciagurato, che cosa amai in te, o furto mio, o delitto notturno dei miei sedici anni? Non eri bello, se eri furto; anzi, sei una cosa per cui possa rivolgerti la parola? Belli erano i frutti che rubammo, perché opera delle tue mani, o Bellezza massima fra tutte, creatore di tutto, Dio buono, Dio sommo Bene e bene mio vero. Belli, dunque, erano quei frutti, ma non quelli bramò la mia anima miserabile, poiché ne avevo in abbondanza di migliori. Eppure colsi proprio quelli al solo scopo di commettere un furto. E infatti appena colti li gettai senza aver assaporato che la mia cattiveria così inebriante a praticarla. Se pure un frammento di quei frutti entrò nella mia bocca, a renderlo saporito era il misfatto… In queste forme l’anima pecca allorché si distoglie da Te e cerca fuori di Te la purezza e il candore, che non trova, se non tornando a Te. Tutti insomma Ti imitano alla rovescia, quanti si separano da te e si levano contro di Te.. Ma anche imitandoti, a loro modo, provano che Tu sei il creatore dell’universo e quindi non è possibile allontanarsi in alcun modo da Te. Che cosa amai dunque in quel furto? e in che cosa imitai, sia pure in male e alla rovescia, il mio Signore? Mi compiacqui di violare la sua legge con la malizia, non potendolo fare con la potenza? Il prigioniero voleva imitare una libertà monca, compiendo a man salva un’azione illecita con una simulazione oscura di onnipotenza? Eccolo questo servo fuggitivo dal suo padrone, che ha raggiunto un’ombra. Oh marciume, oh mostruosità di vita, oh abisso di morte! Potei mai piacermi l’illecito per l’illecito? Io mi dispersi lontano da te ed errai, Dio mio, durante la mia adolescenza per vie troppo remote dalla tua solida roccia. Così divenni per me ragione di miseria.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza

Il Cammino dei Tre Sentieri


Vuoi aiutarci a far conoscere quanto è bella la Verità Cattolica?

CONDIVIDI

Be the first to comment on "Perché sant’Agostino ci parla del furto delle pere che fece da ragazzo?"

Leave a comment

Your email address will not be published.


*