SOSTA: “Sono un morto ambulante”. Uno dei tanti straordinari aneddoti della vita di San Pio da Pietrelcina

da Ricordi e testimonianze, di padre Paolo Covino


Nella sacrestia del Santuario, a San Giovanni Rotondo, il signor Giuseppe Canaponi, due mesi prima di morire, mi disse: «Padre, sono un morto ambulante, ma, grazie a Padre Pio, vivo ancora».

Ricordai di aver letto qualcosa al riguardo, ma per saperne di più chiesi che mi raccontasse personalmente la sua storia.
«Il 21 giugno 1946 – cominciò – mentre andavo in motocicletta, fui investito da un camion sulla strada Sarteana, presso Chiusi, in quel di Siena. Trasportato all’ospedale di Sarteano, mi riscontrarono la frattura del femore sinistro e commozione cerebrale. Dopo quaranta giorni, non avendo avuto alcun miglioramento, cominciò per me il calvario dell’ospedale da Chiusi a quello di Montepulciano, poi a Siena e infine all’ospedale ortopedico di Bologna. Molti dolori, tanta disperazione, nessun risultato positivo. Non potevo camminare ed ero senza lavoro. Mia moglie Gilda aveva sentito parlare di Padre Pio come di un uomo di Dio che pregava ed otteneva grazie. Venni a San Giovanni Rotondo con mia moglie e con mio figlio Augusto, di 10 anni, il 26 dicembre 1947. A piedi dal paese al Convento, con la stampella ed il bastone. Che pena quel giorno! Non gliela facevo più. Quando arrivai in chiesa, Padre Pio stava confessando le donne. Mi guardò e subito avvertii come una scossa elettrica che mi dava sollievo. Alle ore 16 mi accostai per confessarmi e mentre ero in ginocchio compresi di trovarmi dinanzi ad un uomo straordinario. Una seconda scossa provocò in me un grande benessere. Il Padre alzò gli occhi al cielo, mi dette l’assoluzione e mi sentii benissimo. «Prometti di mutar vita – mi disse – diversamente, a che serve la grazia?”. “Sì, Padre – risposi –lo prometto”. Gli baciai la mano, raccolsi la stampella ed il bastone e cominciai a camminare speditamente. Mia moglie, nel vedermi guarito, mi venne incontro col figlioletto e piangemmo commossi. Ringraziammo il Signore e andammo all’albergo “Villa Pia” dove osservammo la scomparsa dei segni delle operazioni. Tornammo a ringraziare Padre Pio il quale ci disse: “Non l’ho fatta io la grazia. L’ha fatta il Signore. Ringraziate Lui”. A casa, dove tornai il 31 dicembre, trovai la lettera di licenziamento da parte delle ferrovie dello Stato per inabilità al lavoro. In un congresso internazionale tenutosi a Roma, più di cinquanta medici potettero osservare in me ciò che era avvenuto. Rimasero sbalorditi nel vedere le lastre: il ginocchio fuori posto, il femore storto con tessuto calloso intorno alla rotula del ginocchio. Ciononostante camminavo speditamente. Mi hanno osservato anche all’estero, e sono stati tutti concordi nel definire prodigioso quanto mi era accaduto. Ecco perché mi ritengo un morto ambulante».


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