La straordinaria storia del quadro dei coniugi Pizio

Rubrica a cura di Corrado Gnerre


da Il Settimanale di Padre Pio (n.38 anno 2021)


L’8 dicembre 1859, festa dell’Immacolata Concezione, i coniugi Pizio di Torino si facevano protestanti dietro promessa di aiuti finanziari, essendo essi nell’indigenza. Lo stesso giorno, il marito, Alberto Pizio, cercava di vendere alcuni vecchi mobili e, tra questi, un bel quadro della Vergine dipinto su legno, ma i compratori, vedendo l’immagine dell’Immacolata, proruppero in orrende bestemmie ed uno di essi addirittura tentò ripetutamente di farlo a pezzi con una scure; se non che la scure si ruppe e l’immagine rimase illesa. Infuriati, i tre malviventi gettarono il quadro nel fuoco, ma il miracolo si ripeté: le fiamme carbonizzarono tutto il legno intorno all’immagine, rispettando prodigiosamente la figura della Vergine. I profanatori allora fuggirono spaventati e il Pizio nascose il quadro. Un mese dopo, sua moglie, saputa la cosa, incredula e ostinata nelle sue idee, volle a sua volta tentare di distruggere il quadro. Lo cosparse quindi di alcool e gli diede fuoco, ma nuovamente il miracolo di ripeté. Tormentati dai rimorsi, i due coniugi si consigliarono con un sacerdote, che suggerì loro di consegnare il quadro a qualche persona pia che pregasse per loro. Essi decisero di consegnarlo alle prime persone religiose che avrebbero incontrato la sera del Mercoledì Santo del 1860. La Provvidenza dispose che tali persone fossero due religiose della Congregazione dell’Immacolata Concezione d’Ivrea, da poco fondata. Da allora il quadro venne gelosamente conservato dalle suddette suore, le quali lo hanno ora esposto alla pubblica venerazione in un grandioso Tempio, dedicato appunto alla Madonna Immacolata dei Miracoli, che sorge ad Ivrea presso la loro Casa madre. I fatti prodigiosi riguardanti l’Effigie miracolosa vennero esaminati in un regolare processo canonico nel 1910 dal cardinale arcivescovo di Torino Agostino Richelmy (1850-1923) e di tale processo si conserva copia autenticata nell’Archivio della Casa Generalizia di Roma, in Trastevere.


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