L’intelligenza artificiale alla luce della Tradizione Cattolica: L’AI, una sfida per il nostro tempo

di Pierfrancesco Nardini


L’intelligenza artificiale (AI) è ormai ovunque. Guida le nostre auto, suggerisce cosa comprare, scrive testi, analizza dati medici e compone persino musica.

Si deve innanzitutto ricordare che è a tutti gli effetti una “creatura” dell’ingegno umano, un frutto della nostra capacità di pensare e creare. Si può intendere, per estremo, come un’estensione di quel “soggiogatela” di Genesi 1, 28.

Eppure, mentre ci meravigliamo di questa potenza tecnologica, in molti sorgono anche tante domande spinose, se non proprio preoccupate. Ma tra tutte queste non mi sembra nasca una domanda necessaria: l’AI ci avvicinerà a Dio o ci allontanerà da Lui?
Questa non è una questione tecnica, ma morale e spirituale, che richiede di essere giudicata alla luce della fede e della Tradizione cattolica.
Non dobbiamo demonizzare l’AI com il male assoluto né esaltarla come un nuovo messia, un nuovo dio.
Non è intrinsecamente buona o cattiva: è uno strumento, il suo essere buono o cattivo è semplicemente un riflesso delle intenzioni di chi lo forgia e lo usa.

Come un coltello può tagliare il pane per sfamare o ferire un innocente, così l’AI può servire il bene o il male. La sfida del nostro tempo sta, dunque, nel discernere come orientare l’AI verso il bene, verso l’utilità per l’uomo, verso lo sfruttamento positivo per l’umanità e, soprattutto, in primis, evitare che distolga dal fine principale dell’uomo, la gloria a Dio e la salvezza eterna. È evidente quindi che la posta in gioco è alta: la dignità dell’uomo, la verità, il lavoro, la nostra stessa relazione con il Creatore. Siamo di fronte a una prova che non possiamo ignorare, men che meno che possiamo evitare pensandola un male, siamo a un bivio dove possiamo scegliere la via solo con la sapienza della Chiesa, custode della Rivelazione.

Quando si ricorda che l’AI è uno strumento, lo si fa con cognizione di causa. Essa è sì capace di calcolare e prevedere oltre i limiti umani, ma non ha un’anima, né libero arbitrio, né capacità di amare. Non è fatta a immagine di Dio, come lo siamo noi (Genesi 1, 26).
Di fronte a questo strumento, per certi versi oggettivamente un salto in avanti epocale, ci sono due atteggiamenti preponderanti.
Uno è l’eccessivo entusiasmo, quello che quasi porta a elevarla a idolo. Lo si trova nei proclami di chi promette immortalità digitale o soluzioni a ogni problema umano. Non si esagera poi molto nel vederci un’eco moderna del peccato originale, il desiderio di essere “come Dio” senza Dio (Genesi 3, 5).

D’altra parte, c’è chi invece, con una sorta di “luddismo moderno”, la teme come il peggiore dei mali, come un qualcosa di intrinsecamente cattivo, che porterà l’uomo alla rovina (“toglierà il lavoro”, “saremo ipercontrollati”, “perderemo la capacità intellettuale perché non dovremo più ragionare”, ecc…). A volte, in alcuni, quasi una paura inconscia, ancestrale.
Come sempre, in medio stat virtus. L’AI può essere ogni cosa. Può essere bene e può essere male. Tutto sta all’uomo e al modo in cui la userà.

Al giorno d’oggi non si può ancora sapere quali saranno gli sviluppi, non abbiamo né possibilità di predire se diventerà lo strumento del miglioramento della vita sulla terra o se, timore di molti, “le macchine prenderanno il sopravvento”. L’unica reale certezza è che l’AI potra diventare un dono, se noi lavoreremo per questo. Allora, anche a livello di fede, potrà fare la differenza in positivo: potrà aiutarci a pregare, a studiare i Padri della Chiesa, a diffondere il Vangelo. Tutto dipende da noi. Di certo non ci si potrà lamentare se in futuro l’AI sarà diventato mezzo di cose negative, se non avremo lavorato per portarla dove si vuole, verso il bene, se avremo lasciato ad altri la possibilità di farlo.

Nei prossimi articoli esploreremo questa sfida sotto diverse luci. Ci chiederemo: l’AI rispetterà la sacralità della persona umana o rischia di ridurla a un numero? Può sostituire il lavoro, vocazione divina dell’uomo, senza impoverirci? Può servire la verità in un mondo di menzogne digitali? E ancora, può sostenerci nella vita spirituale senza sostituire la grazia? Ogni domanda ci riporta al cuore della Tradizione: l’uomo non vive di sola tecnica, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio (cfr. Matteo 4, 4).

Non siamo i primi a fronteggiare un progresso che affascina e spaventa. Quando l’uomo inventò la stampa, alcuni temettero che avrebbe corrotto le anime; invece, divenne uno strumento per diffondere la Bibbia. Oggi, l’AI è la nostra stampa, il nostro fuoco prometeico. Sta a noi, fedeli del vero Cattolicesimo, accenderlo per illuminare il cammino verso Cristo e non lasciarlo invece bruciare fino a consumarci.
La risposta non è nella tecnologia, ma nel nostro cuore, illuminato dalla fede.


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