1.Le fiabe fanno capire il mistero del vivere perché educano al senso della morte. Scrive Tolkien: “Una delle lezioni che ci danno le fiabe è che il pericolo, il dolore e l’ombra della morte possono conferire dignità e in qualche caso persino saggezza alla gioventù inesperta, impacciata ed egoista” (Le fiabe, in Il Medioevo fantastico, Milano 2004, p.204). Dunque, dice il padre del fantasy moderno, le fiabe educano a vivere. Ma perché educano a vivere? Perché di fatto educano alla morte. Egli infatti precisa: “…il dolore e l’ombra della morte possono conferire dignità (…) persino saggezza alla gioventù (…) egoista“. Interessante l’uso di questo aggettivo: “egoista“. Insomma, senza il fantastico come chiave di lettura del reale, l’uomo, e ancor più il giovane, rischia di orientarsi verso una lettura completamente falsa dell’esistere.
2.D’altronde quando Gesù dice: “Chi non è con me è contro di me” (Matteo 12) fa un chiaro riferimento al fatto che nella vita ci sono solo due scelte possibili, non ve ne è una terza intermedia. O si sceglie la verità o si sceglie la menzogna. E la menzogna consiste soprattutto nel non voler leggere adeguatamente l’esistere, nel credere che il fine dell’esistere sia il proprio ombelico, la propria pancia, il proprio sé.
3.Le fiabe, ovviamente quelle che davvero possono essere ritenute tali, prospettano qual é la vera dignità: farsi guidare dal senso della morte, capire cioè che si è su questa terra per combattere e per offrire la propria vita all’Ideale. Che la scelta più saggia -anzi: veramente saggia- è liberarsi dall’impacciamento e dall’egoismo (Tolkien parla di “…gioventù impacciata ed egoista”) per essere autenticamente liberi di orientarsi verso il vero fine che non è in se stessi, ma in Dio.
Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri
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