Perché molti Santi avvertono il fetore emanare da un’anima in stato di peccato?

1.Santa Teresa d’Avila racconta che un giorno ebbe dal Signore il privilegio di poter vedere un’anima in grazia di Dio. Era tale lo splendore di quell’anima che non solo ella non riusciva a reggere quella vista, ma pensò tra sé che avrebbe dato mille volte la propria vita perché quell’anima si potesse conservare in quel modo.

2.Se lo stato di un’anima in grazia è così, di converso in che condizioni può essere un’anima in stato di peccato mortale? Non può che essere che una condizione di tenebra e perfino di putrefazione.  Il Santo Curato d’Ars diceva: “Chi vive ne peccato prende la forma e le abitudini delle bestie“. Molti santi si accorgono quando un’anima è in stato di peccato perché ne avvertono il cattivo odore. E’ la stessa logica per cui, proprio i santi, vivendo pienamente nella grazia, hanno il dono di diffondere soavi profumi alla loro presenza.

3.A proposito del “fetore” che emana un’anima in stato di peccato, un giorno si presentò da san Pio da Pietrelcina un camionista che aveva fatto un lungo viaggio dal Nord Italia per raggiungere San Giovanni Rotondo. Egli aveva con sé una figliuola poco più che bambina che aveva una brutta malattia che l’avrebbe condotta alla morte di lì a non molto. L’uomo con le lacrime agli occhi disse al Santo: “Padre, fate qualcosa, non voglio perdere mia figlia. Ella è molto ammalata…“. Il Santo Cappuccino rispose duramente all’uomo: “Se c’è qualcuno qui tra noi che è molto ammalato sei proprio tu!” A che l’uomo ribatté: “No, Padre, vi sbagliate, io sto benissimo. E’ mia figlia che sta molto male…“. Ma san Pio insistette: “Tu sei il vero ammalato perché sei tutto nel peccato!“. Infatti, l’uomo non si confessava da anni e aveva gravi peccati sulla coscienza.

4.Viene da pensare a come va il mondo soprattutto oggi. Ci si profuma, ci si tiene a ben presentarsi (si badi: tutte cose che, nella giusta misura e nel giusto ordine d’importanza, sono anche cose buone), ma poi ci si dimentica di far “profumare” la propria anima, invece di farla “avariare” e renderla causa di effetti nauseabondi.


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